Fountain House o Maison Fountaine è un’installazione realizzata dallo studio di architetti associati berlinese Raumlabor Berlin in collaborazione con l’attuale Biennale d’arte di Montreal, in corso dal 22 ottobre 2014 al 4 gennaio 2015 e dal tema “L’avenir (looking forward)“.
L’intervento riesamina e rivaluta i significati insiti all’interno dell’elemento della fontana in qualità di spazio pubblico. Se il dibattito urbano nel XX secolo ruotava attorno alla contrapposizione bipolare privato/pubblico, quella del XXI secolo vede una rinascita dello stare assieme, dello spazio “condiviso” come parte importante della vita quotidiana, attraverso un revival del concetto di comunità, fisica o virtuale che sia. Tuttavia, osservano i Raumblabor, tendiamo a dare per scontate conquiste importanti ereditate dalle generazioni precedenti, come per esempio le infrastrutture pubbliche.
Nella maggior parte delle città occidentali l’acqua viene distribuita gratuitamente e inoltre gode di qualità eccellente. Fountain House vuole mettere in evidenza la presenza dell’acqua come bene pubblico, celebrandone il libero accesso.
La struttura a cilindro, aperta da una successione di archi di diverse altezze nella fascia inferiore, rievoca, più che l’immagine tipica della fontana pubblica che mette in mostra getti e zampilli, quella del battistero, che cela al suo interno la fonte (sacra) della vita, l’acqua.
La forma cilindrica e gli archi ricordano verosimilmente il battistero di San Giovanni a Pisa, tuttavia la relazione tra l’installazione e l’area circostante, il modo in cui la sua presenza ristruttura uno spazio indefinito del centro città, rimandano in particolare a certe composizioni prospettiche rinascimentali, come la struttura leggera e permeabile che scandisce simmetricamente lo sfondo dello “Sposalizio della Vergine” di Raffaello o i dipinti di “Città ideale“: in quello di Urbino, un edificio a pianta circolare sovrasta protagonista una grande piazza circondata da edifici dai connotati eclettici.
Il Rinascimento Italiano è, d’altronde, il periodo storico che ha visto la nascita della consapevolezza dello spazio pubblico inteso come spazio di aggregazione ̶ nel Medioevo gli unici slarghi aperti nel tessuto cittadino erano funzionali al mercato o alla predica del sermone.
La Fontana dei Raumlabor quindi, oltre a conservare al suo interno il bene prezioso dell’acqua, mette in evidenza lo spazio d’interscambio che lo circonda, visibile a 360° dalla panoramica posta sul tetto, accessibile grazie ad una scala interna. L’acqua, l’elemento che anima il rito sociale legato all’installazione, cade gocciolando da un buco al centro del tetto e viene raccolta da una sorta d’impluvium, una piccola vasca dalla quale viene vaporizzata nell’ambiente tramite ugelli.
L’essenza vitale dell’acqua viene a sua volta riverberata dall’involucro esterno del cilindro, una pelle vegetale che permette la proliferazione di un piccolo ecosistema spontaneo costituito da piante e funghi.
L’installazione, arricchita da una programmazione di interventi artistici tenuti al suo interno, s’inscrive coerentemente all’interno della biennale di Montreal, che invita a una riflessione su tutto ciò che è “avvenire”: rispetto alla percezione che se ne ha nel mondo odierno, alle visioni ora distopiche ora utopiche che ne derivano e soprattutto rispetto allo sviluppo delle nuove tecnologie.