L’uomo è ciò che mangia
La citazione di Ludwig Feuerbach è così comune da essere diventata quasi un detto popolare. Il riferimento è al legame tra il benessere fisico e quello mentale e all’alimentazione come autentica espressione di una cultura.
Artwort ha visitato la piccola mostra allestita al Triennale Design Museum di Milano, curata da Giulio Iacchetti e aperta fino al 22 Febbraio, evidentemente legata al tema dell’Expo 2015. Sono esposte 20 razioni militari da 24 ore, in gergo “razione K”, di altrettanti eserciti.
Raccogliere le razioni alimentari delle truppe non è un esercizio di catalogazione. Si indaga, piuttosto, su come le scienze della nutrizione abbiano affrontato il tema del pranzo durante la guerra e quale sia il rapporto con la comunicazione visuale.
È possibile mettere a confronto, in un mappamondo fatto di sacchi di plastica, fornelli da campo e pillole per purificare l’acqua, la cultura del cibo.
Il contenuto, spacchettato, mostra le immancabili bustine di caffè Ristora dell’esercito italiano, i numerosi spazzolini da denti e la porzione di ravioli al ragù.
Il rancio americano contiene la ratatouille e una torta con mandorle e semi di papavero.
Spiccano le posate biodegradabili danesi e Il minimal alimentare giapponese, le cui razioni presentano un piatto, una posata e quattro buste identiche con zuppe e carne. L’esercito israeliano punta sulle polpette con riso e sugli involtini di foglia di vite. L’esercito thailandese si distingue per una sacco molto esiguo che non rinuncia alle spezie.
I contenitori si differenziano per forma, materiali, colori e font utilizzato nelle descrizioni d’uso. Quella tedesca é una precisa scatola in cartone, apribile a ribalta con un largo carattere sans serif sulla parte alta, contenente pochissime informazioni. La razione russa ricorda una confezione di vino, in cartone pressato camouflage con maniglia e piccole indicazioni su fondo dorato. Contiene goulash, due tipi di paté e il lardo salato. Il pantagruelico sacco olandese è trasparente e colmo di confezioni colorate, con immagini che ritraggono simpatici campeggi tra i monti e le immancabili biciclette. Infine le razioni della Stazione Spaziale Internazionale, anche queste destinate ad essere consumate in condizioni estreme, senza cotture né conservazione in frigorifero. Si punta alla capacità di suscitare sapori e odori familiari, con un tricolore posto alla base di una confezione metallizzata, come un qualsiasi altro componente di alluminio della ISS.
Sembra che i pranzi militari raccontino più di una ricerca etnografica. Rivestono l’unico momento di pausa durante la giornata sul fronte. Dovevano occupare poco spazio ed essere leggeri per permettere un facile trasporto.
Il cibo diventa parte del processo di standardizzazione e studio delle prestazioni, nonché vettore di messaggi grafici epurati dal marketing.
Tutti quanti improntati alla semplicità e alla chiarezza come ogni altro manufatto militare, dall’architettura agli strumenti elettronici, i messaggi visivi hanno l’efficacia come primo obiettivo: gli alimenti devono essere chiaramente identificabili e una descrizione deve mettere immediatamente in evidenza le quantità e le modalità di preparazione. L’estetica dell’essenzialità é passata anche per le razioni militari.