Johnny Savage è un giovane fotografo irlandese che proprio al suo Paese ha voluto dedicare, forse, il suo lavoro più profondo: Fallout. Un progetto fotografico di sedici scatti ed un insolito viaggio nel moderno paesaggio irlandese, quello in crisi.
Il sistema finanziario mondiale è crollato e con esso quello immobiliare con il consequenziale aumento del problema degli alloggi. Negli anni del boom “Tigre Celtica”, le banche hanno ingozzato gli irlandesi – e l’intera economia – di mutui e debiti prestando denaro a interessi minimi e senza reali garanzie. Al sopraggiungere della crisi e della flessione del prezzo delle case, migliaia di debitori si sono scoperti insolventi: è bancarotta.
Le ripercussioni di questa crescita parabolica in Irlanda finiscono per deturpare il paesaggio urbano ed in particolare le sue periferie. I prosperi edifici, per lo più pubblici, si svuotano, alcuni non vengono mai utilizzati, altri rimangono ancora in costruzione e si ergono come rovine.
Fallout diventa catalizzatore di questi eventi con un linguaggio semplice, efficace ed evocativo, un’istantanea dei disastrosi effetti delle politiche capitalistiche che ormai ci metabolizzano in tempi estremamente brevi.
Il tono drammatico delle fotografie del giovane Johnny Savage stimola i sensi con un sapore romantico e surreale comune alle più famose incisioni che il Piranesi faceva delle rovine e dei grandi edifici Romani; l’odore forte e un po’ acre pervade, la sensazione è di rivivere nelle rovine apocalittiche dipinte intorno alla metà del 700 dal vedutista Hubert Robert.
Nello stesso istante un gelido brivido di cinica lucidità ci attraversa come nei disegni del coetaneo Cyprien Gaillard, dove edifici moderni sono collocati in antiche acqueforti del paesaggio olandese.
Fallout è sospensione e al tempo stesso caduta, si staglia tra metafora e realtà, è un portale verso il limbo.
La tecnica è l’idea dominante del progetto. Attraverso la riflessione del vetro, l’artista crea diverse interazioni ed ambienti dissimili che difficilmente si lasciano penetrare totalmente dai nostri occhi. La realtà diventa indecifrabile all’apparenza.
La percezione è anonima e spettrale, tranquilla e inquietante come l’atmosfera di un set cinematografico abbandonato. Un mondo e una storia che è accaduta, che accade ancora oggi, ma che al tempo stesso non trasmette nessun valore di accadimento.
Il mondo si distorce e così il senso dei luoghi.
L’allusione ad un paesaggio assente è evidente; l’illusione di ricchezza che il boom economico ha paventato lo è ancor di più.
Ciò che rimane non è solo l’eco di una perdita economica ma anche lo smarrimento dell’identità di un paese.