Non servono giochi di parole ai grandi artisti, poiché essi, più di chiunque altro, posseggono la capacità di attraversare le parole, entrare nella mente, rendere concrete le idee. Ebbene, quando il concetto diviene materia, allora si può parlare di arte. Dunque, laddove i comuni mortali utilizzano la carta come traghettatrice di parole, l’artista se ne serve in modo diverso e il banale gesto di sfogliare le pagine di un libro diviene forma d’arte, concezione e prestazione artistica, comunicazione tacita.
Marisa Albanese, artista napoletana, ha realizzato un’opera in esclusiva per il Museo Madre di Napoli, costituita da un semplice “plastico” realizzato con fogli di carta intagliati ed un video. Il plastico raffigura la planimetria del quartiere di San Lorenzo dove è ubicato il Museo. Un’architettura in cui viene raccontata una storia di Napoli stratificata ─ nel vero senso della parola ─ poiché ad ogni foglio lo spettatore può attribuire una pagina di un racconto che attraversa i vicoli andando a vivere le strade di una zona così centrale e ricca di aneddoti.
Il video mostra invece la mole di fogli disperdersi al soffio del vento per poi ritornare ad edificarsi, ricostruirsi.
Il Museo ─ inteso quindi come storia, arte, racconto ─ si sparge tra le diverse mura della città, si fonde con essa, ne diviene parte, intreccia relazioni e ritorna, infine, Museo. Il concetto alla base è sottile: non arte destinata ad essere rilegata e idolatrata da pochi, ma arte che sa fondersi, sciogliersi tra le strade, arte che insegna, che spiega e comunica. Ed in questo contesto, ecco che il museo si fa luogo di narrazione per accogliere i racconti di un’installazione che parla a più livelli alla mente e al cuore dello spettatore.