Tutto nacque da una vecchia foto pescata su internet raffigurante il bagno rosa di una camera di un hotel dell’amore: l’ambientazione perfetta per Joyce, l’alter-ego raffigurato dagli autoscatti di Juno Calypso, giovane fotografa londinese. Il fatto che l’hotel in questione si trovasse dall’altra parte dell’Atlantico non scoraggiò Juno dal puntare necessariamente a tale set per il proprio progetto fotografico:
“Il mio primo pensiero fu che sarei stata fuori di testa a fare tutta quella strada giusto per fare qualche foto, ma non essendo riuscita a trovare nulla di simile in Europa sapevo che sarei stata ancora più pazza a non andarci.”
Messi da parte i soldi necessari ad intraprendere il viaggio, Juno parte per trascorrere una settimana intera, da sola, nella stanza di un hotel per lune di miele e coppie in crisi. Con le sue pareti tappezzate in nuances pastello a la Grand Budapest Hotel, il Penn Hills Resort in Pennsylvania incarna tutti i cliché del motel kitch all’americana, nobilitato nell’immaginario dell’europeo medio da serie o film cult come Twin Peaks, Shining, Pshyco. “Grazie a dio non avevano fatto rinnovi – afferma la fotografa – la mia stanza aveva una vasca a forma di cuore e specchi sul soffitto. Uscivo solo per la colazione all-you-can-eat e la cena. Il resto del tempo restavo in camera a fare foto”.
The Honeymoon è la nuova serie con la quale la Calypso indaga le complessità dell’identità e della sessualità femminili attraverso le vicissitudini di Joyce, una donna dall’età indefinibile, succube di volta in volta di scenari da casalinga disperata e di oggetti demodé e improbabili per la cura del corpo – il marchio di fabbrica di Juno. In questo caso la mogliettina repressa di Stepford approda negli States per un viaggio di nozze monogamo, in cui l’identità del personaggio d’invenzione viene a sovrapporsi a quella della sua interprete reale:
“C’è questa donna, da sola in una stanza d’albergo a esplorare se stessa. Ma in realtà sono io stessa una donna, da sola in una stanza d’albergo. Non c’è nessuna Joyce, sono solo io – sono io la stramba. Mi aspettavo che l’hotel fosse molto più perverso, ma a parte una volta che ho sentito qualcuno dire ‘metti il reggicalze oggi?’, sentivo solo russare.”
Quella dipinta da Juno Calypso è una caricatura della donna contemporanea che sa guardare con ironia alle pretese della società, che la vorrebbe sempre bella, ben curata e anche intraprendente, immune da qualsiasi cedimento fisico o mentale. “Joyce appare da sola, consumata dall’artificio – sottolinea sul suo sito – il suo aspetto vetrificato rispecchia l’esaurimento provato nel sopportare il peso morto di una femminilità costruita”. Sebbene l’autoscatto e l’utilizzo massiccio di trucco e accessori rievochino le stesse modalità sfruttate a partire dagli anni ’70 da Cindy Sherman per affrontare ugualmente questa questione della posizione della donna e della femminilità rispetto al mondo odierno, la Calypso non intende tramutarsi camaleonticamente da scatto a scatto, ma rimane fedele alla costruzione di un personaggio unico, che piuttosto evolve di progetto in progetto, forse in cerca esso stesso della sua identità:
“Sento come se stesse diventando più dominante nel suo contegno, piuttosto che apparire esausta e sconfitta. Resta comunque seccata, ma non disperata. Facevo foto di Joyce per muovere una critica alla laboriosa costruzione della femminilità, ma adesso sto iniziando a vedere che il problema non sono il make-up e gli strani aggeggi per la cura del corpo, quanto il modo in cui la società tratta le donne che investono tanto nel loro aspetto esteriore.”
Come spesso succede, questo nuovo aspetto che ha coinvolto il proprio personaggio sembra non essere una semplice divagazione, ma l’inizio di una nuova ossessione: il prossimo sogno della fotografa è quello di realizzare un vero e proprio tour in solitaria degli hotel da luna di miele in giro per il mondo.