La prima personale italiana di James Casebere è in mostra alla Lisson Gallery (Milano) fino al 15 gennaio 2016. In esposizione le ultime opere realizzate in studio dall’artista americano, scatti di modelli di ispirazione naturale, assemblati in maniera molto complessa dove scultura, architettura, scenografia e fotografia s’intersecano perfettamente.
È dalla metà degli anni Settanta che Casebere realizza composizioni di modelli sempre più complessi nel suo studio, dando vita a tableaux fotografici che sottilmente svelano lo scarto tra astrazione e immagine, pittura e fotografia.
Così per oltre quarant’anni, Casebere ha indagato il potenziale illusorio della fotografia, ponendo il punto di domanda sull’infallibilità di quel che dal 1839 è stato il mezzo con cui si poteva fedelmente riprodurre la realtà. Le sue immagini ricostruiscono realtà poetiche e politiche, diventando simulacri che lo storico dell’arte Hal Foster ha definito “psicopatologia della vita quotidiana”. Le sue composizioni prospettiche, fatte di surreali spazi domestici e claustrofobiche vedute delle sue prime opere, cedono il passo a incalzanti evocazioni di interni ed esterni riconducibili a tipologie abitative visibili negli Stati Uniti e in Medioriente, sino alla serie Duchess County (avviata nel 2009 e ancora in corso), che mostra una comunità del tutto inventata ma in fondo plausibile.
Tanti sono i riferimenti all’arte del passato, rivolgendosi criticamente alla relazione/contrapposizione duale, che intercorre tutt’oggi, tra uomo e natura. Sea of Ice, rivisitando l’opera del pittore romantico tedesco Caspar David Friedrich, vuole mettere sotto una speciale lente d’ingrandimento la crisi climatica mondiale. La celebre immagine di desolazione glaciale dipinta da Friedrich (ora alla Kunsthalle di Amburgo), è stata perfettamente ricreata da Casebere nel suo studio con materiali semplici, che suggeriscono come la terribile sublime perfezione della natura sia stata inesorabilmente depredata dall’uomo e come sia presto destinata all’estinzione. La manipolazione illusionista, di cui si serve Casebere, trae spunto dalla realtà stessa: le aree urbane devastate dall’uragano Sandy o distrutte da incendi, oppure la serie dedicata alle case di legno sulla spiaggia (originariamente create come stazioni di salvataggio per possibili catastrofi). In queste lande deserte realizzate con materiali che non hanno nulla da invidiare alle scenografie cinematografiche, quali gesso, gommapiuma o cartone lavorato su tavolo, l’artista esprime la profonda ambiguità che porta l’osservatore in realtà costruite ma possibili. Realtà che sembrano create dalla mente ma suscitano un alienate istinto visionario.