Risulta difficile descrivere cos’è il Riot studio. Sicuramente è uno spazio, per molti una “seconda casa”, dove ha preso forma un sogno. Francesca Nicolais e Guido Acampa, insieme ad altri che in questi anni li hanno affiancati e sostenuti, hanno fatto rivivere un luogo dalla memoria al quale hanno dato un nuovo significato. Al Riot studio si fa cultura partecipata, “si sperimenta e si curiosa tra le maglie della conoscenza, dell’innovazione e della condivisione”. Ed ecco che il centro storico di Napoli accoglie e nutre questi due utopici sognatori che non si sono arresi dinanzi ai mille tranelli della città.
Cosa rappresenta per voi il Riot studio oltre la storia e la memoria? Qual è la sensazione che avete provato arrivando in questo luogo per la prima volta?
F.N. Innamoramento. La scoperta o meglio la riscoperta di un luogo dove da sempre si è fatta cultura. Un giardino segreto dove coltivare sogni con chi la cultura la cerca e non la intende come diversivo tra un drink e una chiacchiera. ConcentrAzione. Due belle parole messe insieme: concentrazione e azione.
G.A. Rappresenta lo spazio in città che in passato, da più giovane, speravo di trovare. È sempre stata una fissa convergere in un luogo fisico idee e pensieri che da soli non potrebbero prendere forma, come un laboratorio in continuo divenire. La prima volta che lo vidi fu per caso e in giardino si avvertiva un senso di tristezza, quello che si prova in un luogo sacro abbandonato. C’era un misto di energia positiva mischiata a una pressione negativa che si potrebbero sintetizzare in una specie di richiamo. Da quel giorno non c’è ne siamo più liberati.
Molti sono gli eventi che avete realizzato nel corso di questi anni ed è evidente che amate le provocazioni, andare controcorrente o seminare lì dove nessuno pensa di raccogliere. Qual è stata la sfida più importante che avete fatto o state per fare?
F.N. Sicuramente tra le sfide più importanti c’è l’organizzazione del TEDxNapoli, format internazionale di “idee che meritano di essere diffuse” che ormai è alla terza edizione che ci ha permesso di portare a Napoli personalità internazionali interessanti, di grande ispirazione e che forse non sarebbero mai passate in città ma che ne sono rimaste affascinate. Oppure le attività di ascolti al buio, non è stato facile invitare le persone a rinunciare alla dimensione visiva per concentrarsi solo sul senso dell’udito. I risultati sono stati sorprendenti.
G.A. La sfida mi fa pensare a una competizione, se penso a qualcosa da superare in termini di competizione perdo l’entusiasmo. Farei invece una riflessione: In questi anni sono più i progetti non realizzati che conclusi, guarda caso quelli mai realizzati non si esaurivano nell’evento, contenevano puntualmente sempre qualcosa di più strutturato nel tempo. Capirne le ragioni è un aspetto importante su cui lavorare in futuro.
Napoli è la città dei sensi, la città dove il corpo è avvolto, preso e rapito dal bello e dal guasto. Qui la vista è continuamente sollecitata e abbagliata. Qual è vostro modo di percepire Napoli?
F.N. Napoli è autentica, non è costruita a tavolino per accogliere grandi format culturali o per facilitare la vita dei turisti. A Napoli la cultura è ovunque, bisogna ancora essere curiosi e tenaci per scoprirla davvero e pensare di essere al posto giusto, al momento giusto. Una bella sensazione! La cerco in ogni viaggio, solo Napoli riesce continuamente a stupirmi in questo senso.
G.A. Ne sono avvolto e al contempo distante, le sue derive e i suoi picchi sono un po’ come la marea, se ti irrigidisci dai di stomaco se impari a seguire il ritmo pensi di poter fare qualunque cosa.
Oggi Napoli sembra vivere un fermento culturale. Quali sono secondo voi le necessità di una città che prende coscienza di se stessa e cerca un sano riscatto?
F.N. Le attività culturali, stimolando la partecipazione attiva, possono fornire un contributo determinante per disegnare delle connessioni all’interno delle città e della città con il mondo. In questo modo circolano flussi di conoscenza e creatività che possono stimolare nuovi slanci e visioni, ma è importante che si creino le condizioni per portare avanti ricerca e progetti innovativi. Napoli deve attrarre e accogliere come ha sempre fatto ma essere anche garante di semplicità, qualità e servizi per chi decide di investire nella nostra città. Diciamo che Napoli e soprattutto i napoletani sono pronti a proiettarsi in una dimensione internazionale.
G.A. Qui il fermento non è mai mancato, per un sano riscatto occorre però metodo e costanza, questa è merce più rara. Occorrono sistemi inclusivi che non mettano in discussione le proprie conoscenze indebolendole ma occasioni per rafforzarle e farle crescere.