Chi conosce la storia di Ilaria Facci difficilmente resta indifferente ai suoi lavori, che rievocano tutto il dolore e il cambiamento verso l’accettazione di sé, percorso che ha portato questa ragazza dal mondo della moda a quello dell’arte.
Classe 1982 Ilaria nasce con un retino blastoma che la porterà a perdere l’occhio sinistro e che le causerà negli anni a venire una visione distorta e incompleta di ciò che la circonda.
Una vita travagliata segnata da numerosi spostamenti per il mondo sino ad arrivare a Londra, città in cui oggi vive della sua arte.
I suoi “Autoscatti sbagliati” sono definiti tali poiché, come lei stessa spiega, non sono tecnicamente corretti e poiché la malattia l’ha portata a vedere le cose in maniera diversa dagli altri.
Questa diversità che in passato le causava dolore e inadeguatezza oggi l’ha portata a porsi delle domande su di sé, sulla propria identità di artista e di persona. Le risposte sono arrivate attraverso una macchina fotografica che in maniera diretta fa riemergere dolori e aspetti che col tempo sono diventati arte.
I suoi autoscatti riguardano in particolare il corpo femminile, spesso il suo, che, come a esorcizzare il suo senso di inadeguatezza, si riscopre scatto dopo scatto.
Sono opere autoptiche, di ricerca, di domande e di risposte.
La nudità è elemento essenziale poiché, come lei stessa afferma:
Nudo, per me significa Vero. Sesso. Sacralità.
Se solo riuscissi a spiegare quanto mi fa sentire più nuda mostrare la mia Arte anziché il mio corpo.
La composizione non è per nulla banale e le influenze artistiche sono palpabili come lo sfondo scuro tipico delle opere di Caravaggio, come i corpi nudi e doloranti di Schiele o quelli leggiadri tipici delle opere classiche.
Ilaria Facci vuole raccontare la sua storia di crescita al pubblico e lo fa attraverso le sue fotografie che nulla hanno a che vedere con la pratica ormai banalizzata dell’autoscatto, ma che rendono visibile l’invisibile e quindi comprensibile.