“La memoria è tesoro e custode di tutte le cose”.
Cicerone
Il Cretto di Burri o di Gibellina, è un’opera di land art celebrativa realizzata da Alberto Burri tra il 1984 ed il 1989 nella città vecchia di Gibellina, in Sicilia.
Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 un violento sisma colpì una vasta area della Sicilia occidentale distruggendo completamente l’antica cittadina.
Dopo il terremoto fu lentamente avviata la ricostruzione del paese. Tuttavia, invece di riedificarlo nelle vicinanze dell’antica Gibellina, fu ripreso a circa 20 chilometri più a valle.
Burri era deciso a non realizzare la sua opera all’interno dello scenario cittadino motivando così la sua scelta:
«Quando andai a visitare il posto, in Sicilia, il paese nuovo era stato quasi ultimato ed era pieno di opere. Qui non ci faccio niente di sicuro, dissi subito, andiamo a vedere dove sorgeva il vecchio paese. Era quasi a venti chilometri. Una stradina tortuosa, bruciata dal sole, si snoda verso l’interno del trapanese fino a condurci, dopo chilometri di desolata assenza umana, ad un cumulo di ruderi. Ne rimasi veramente colpito. Mi veniva quasi da piangere e subito mi venne l’idea. […] Io farei così: compattiamo le macerie che tanto sono un problema per tutti, le armiamo per bene, e con il cemento facciamo un immenso cretto bianco, così che resti perenne ricordo di quest’avvenimento. Ecco fatto!»
(Alberto Burri, 1995).
L’intento di Burri, infatti, era quello di progettare un grande monumento che immortalasse un dramma umano ripercorrendo le vie e i vicoli della vecchia città in una grande colata di cemento che dall’alto appare come un insieme di fratture nel terreno e che al tempo stesso consenta a chi usufruisce dell’opera di essere partecipe del dramma avvenuto, ritrovandosi circondato da pareti cementizie; è un luogo, dunque, in cui l’arte a cielo aperto non è fine a se stessa ma diventa uno strumento per la memoria.