Cosa accadrebbe se un architetto e uno scultore ragionassero concretamente sui “modi” di espressione delle proprie discipline? Sull’architettura ed il suo rapporto con le arti plastiche?
What arose was not a total works of art, but rather a work that reflects on the ways in which sculpture and architecture might define each other without glossing over the divide that, since the Renaissance, has separated the two spheres. And this is the significance of the project. La Congiunta is a radical architectural meditation, an assertion that, at best, two sovereign works can encounter each other and achieve a correspondence based on a related stance.
(Da: Peter Märkli, “La Congiunta”, in Mohsen Mostafavi, Approximations: the architecture of Peter Märkli, The MIT Press, 2002, p. 111 )
Dalle riflessioni dell’architetto Peter Markli e del suo amico, lo scultore Hans Josephsohn, nasce La Congiunta, un museo ideato attraverso il comune interesse per le leggi dell’arte pre-moderna mediterranea che incontra i ricordi di guerra dello scultore.
Circondato dalla Valle Leventina, come una pietra caduta a fondovalle, il volume interrompe la radura erbosa con la sua regolarità e rigidezza. È un blocco fatto di cemento, ritmato dai ricorsi orizzontali, con uno sviluppo longitudinale interrotto da porte in acciaio, un gradino incastonato e dai bocchettoni dell’aria.
La composizione esterna manifesta la configurazione interna dell’edificio, che si compone in tre luoghi di diverso carattere spaziale, in relazione ai momenti principali del lavoro dell’artista. Il primo ambiente è caratterizzato da uno spazio dilatato che accoglie grandi rilievi realizzati negli anni ’50, la sala successiva si comprime e accoglie otto altorilievi ideati tra il 1960 e il 1970. La terza ospita tre statue e opere di diversa datazione che si collocano in uno spazio con tre celle laterali che, illuminate lateralmente e dall’alto ricordano la configurazione delle chiese medioevali.
Il progetto è ideato e modellato in funzione delle opere d’arte da custodire, infatti ad ogni sala corrispondono differenti rapporti proporzionali e di luce dove, il cemento, con la sua cromia incisa dalle tracce delle casseforme in legno, diventa lo sfondo dell’opera d’arte. L’aspetto formale e strutturale coincidono, manifestando l’essenzialità con la quale il progetto è stato ideato. L’edificio è privo di basamento e la struttura portante, il muro e il rivestimento interno ed esterno sono un unico elemento, traducendo così la convergenza tra il contenuto e l’opera architettonica, dichiarandone l’equilibrio tra funzione e forma.
La copertura è l’elemento più complesso della struttura. È costituita da un sistema portante di travi sagomate in acciaio a sezione costante che, irrigidite da tiranti, sono rivestite da fogli di metallo nella parte superiore e lateralmente con pannelli in plastica traslucida opaca. La luce si diffonde all’interno in modo indiretto e misurato, intrappolata dall’opacità del cemento.
Lo spazio espositivo e di fruizione del museo non sono riconoscibili in una configurazione usuale, non ci sono servizi, punti ristoro, non c’è acqua. L’elettricità è presente solo per il seminterrato. In realtà non è un luogo di aggregazione, ma uno scrigno nel quale è contenuta la poesia rappresentata dal lavoro dell’artista, una casa per le sue sculture. Lo stesso cemento rinforzato non presenta nessuno strato isolante, perciò sia l’interno che l’esterno cambiano e si sublimano con il mutare del luogo e del tempo, racchiudendo in sé il ricordo del passato di un uomo attraverso le sue opere e la sua riflessione.