I lavori di Paulo Mendes da Rocha si inscrivono in quel registro di opere che sono proprie a chi sa fare della risolutezza e la coerenza dei gesti, della perseveranza e la ricerca puntuale un aspetto fondante del progetto. Le sue opere rivelano da un lato, la miseria della materia, dall’altro, la volontà di cercare l’essenziale oltre la paura dell’inattuale.
Si avverte nel suo lavoro l’eco di un fare che ha radici profonde: il ricercato contatto con la natura, il lento ricamo degli spazi, la sensibilità della luce, il setto che non scandisce ma definisce.
L’artigianalità del suo lavoro, gli schizzi su carta, i tratti alla lavagna, sono concisi, eloquenti ma semplici: si può disegnare soltanto ciò che si sa come costruire.
Per un europeo guardare un lavoro di Mendes da Rocha è guardare la cultura latina nelle sue forme ed espressioni, nei suoi colori, nelle sue contraddizioni e paure. È vedere i suoi limiti. Lo stampo delle casserature di calcestruzzo sulle pareti rivela la bellezza nella verità, verità che è degrado, degrado che si fa realtà. Tuttavia, nella realtà delle cose, si sa, un’idea prende coscienza, idea che si fa progetto, essenziale nella forma. Un desiderio di trasformazione della realtà, che è compito proprio dell’architetto rendere esplicito e inverare in forme costruite. Paulo Mendes da Rocha è dunque consapevole del fatto che la natura non può rimanere immutata e che ogni architettura è condannata a costruire un mondo nuovo che non è dato in natura.
Inevitabile, per un paese di queste dimensioni, quale il Brasile, aver dovuto scontare alcuni compromessi: vincoli economici, difficoltà nella costruzione, povertà della materia prima; rispetto all’idea progettuale prefigurata dal progettista.
Tuttavia è proprio grazie ad una intensa attività di ricerca che non ha mai avuto fine; di dialogo e di confronto, che Mendes da Rocha non ha mai assecondato una tecnica “imposta”, quanto, piuttosto, si è alimentato di una profonda volontà di accogliere i cambiamenti temperandola al tentativo, riuscito, di interpretare la contemporaneità senza accoglierne le lusinghe.
Per questo mater artium necessitas significa saper cogliere nella molteplicità delle forme un’idea che è più forte di ogni paura.
Testo di Riccardo Chiaro