Abiti dal taglio bizzarro, dettagli floreali, corpi nudi o fasciati in attillatissime tute intere dai colori sgargianti.
Le composizioni degli ucraini Tania Shcheglova e Roman Noven AKA Synchrodogs, coppia nella vita e nel lavoro, sono come le ciliegie: più ne guardi più vorresti guardarne.
Il loro potenziale non ha tardato a farsi notare dal mondo della moda: all’attivo hanno lavori per il sito di shop-online Urban Outfitters, le riviste Dazed&Confused e Vice e il marchio Kenzo.
Conosciutisi tramite un “crappy photography Website like Deviantart“, Tania e Roman decidono di incontrarsi a metà strada tra le proprie città. Da qui inizia il loro sodalizio, basato su anime talmente affini, sul piano estetico come su quello affettivo — Synchrodogs perché “abbiamo stessi gusti e percezioni e ci comportiamo entrambi come cani, mangiamo da un unico piatto e ci lecchiamo reciprocamente la faccia” — che probabilmente la ricetta del loro successo risiede proprio nella totale fusione delle due menti: l’uno dice quello che l’altro pensa e nasce lo scatto.
La costante è l’equilibrio precario tra il minuziosamente costruito e l’assolutamente casuale, tra l’abito d’alta moda e lo straccio abbandonato trovato sul set di uno shooting, tra la concretezza del rapporto con l’ambiente selvaggio e naturale nel quale i due giovani amano perdersi e il surrealismo delle pose della modella — rigorosamente donna e di frequente Tania stessa — che è al tempo stesso integrata e alienata nel contesto.
Di fatto solo una donna, emblema della seduzione e di quel potere fondato sulla “reversibilità”, secondo il filosofo francese Baudrillard, saprebbe capace di interpretare i loro paesaggi onirici, entro i quali un uomo risulterebbe goffo e inappropriato.
Non è un caso se l’unica figura maschile da loro ritratta, su commissione dell’Esquire ucraino, è Leonardo di Caprio: un Leonardo di Caprio reinterpretato, per motivi economici ma con eccezionale coerenza estetica, come effigie applicata su oggetti come bottiglie di champagne inserite all’interno di scenografie proprie del loro linguaggio.
Come non è un caso che abbiano realizzato, per Dazed, una serie sulle attiviste Femen, impegnate in Ucraina in questioni politiche di più ampio respiro che la mera parità tra i sessi.
Sebbene affermino di non avere ispirazioni cui si possa dare un nome e un cognome, nel loro lavoro si può rintracciare, oltre che il tentativo costante di trasmettere messaggi visualmente ed emozionalmente forti, l’ambiente circostante entro il quale si muovono: le piccole città dell’Ucraina. I due fotografi hanno aspramente denunciato le difficili condizioni nelle quali riversava il paese all’alba della rivolta sfociata a Novembre, attraverso il proprio profilo facebook, sul quale hanno temporaneamente interrotto aggiornamenti artistici in segno di protesta.