Identità, rovine, abbandono, ex anagrafe comunale di Napoli Piazza Dante, 79, edificio “talmente visibile da essere diventato invisibile”(Eugenio Viola)
Mille metri quadrati di macerie e arretratezza temporale raccontano l’ “Estate” di Gian Maria Tosatti: edificio che entra a far parte del percorso di ricerca le “Sette Stagioni dello Spirito”, un progetto promosso e sostenuto dalla Fondazione Morra.
Un intervento di site specific, in cui lo spazio stesso diventa elemento compositivo.
Emerge il concetto di inerzia, che l’artista stesso definisce “uno stato dello spirito in cui siamo in grado di riconoscere il male in atto, ma lasciamo che si compia”. Cediamo ad esso, per debolezza, per inerzia.
Gian Maria Tosatti fa emergere, e allo stesso tempo racchiude, un’atmosfera fatiscente in cui racconta un tempo dilatato dalla memoria e sincopato dagli oggetti e dai rumori presenti, percepiti ora come familiari, ora come ignoti.
L’ex anagrafe rappresenta il contenitore, oramai in rovina, di tutti i documenti dei napoletani: un archivio di persone, di comuni, di tempi che conservano l’identità stessa dei napoletani, ma contemporaneamente ne testimoniano lo smarrimento.
Pile di libri, posizionati in un ordine quasi ossessivo, schiacciati dall’indifferenza quotidiana, descrivono la paralisi del nostro Paese: il male “dello spirito” dell’uomo contemporaneo: i napoletani che sono stati abbandonati dallo stato, ma soprattutto il napoletano che si è abbandonato a se stesso.
Per comprendere il presente, l’edificio viene riportato nel passato (analogamente il riferimento va all’Italia repubblicana, periodo in cui il paese si è lasciato andare “per inerzia”) alla sua funzione originaria, per cadere poi nell’immobilismo (del futuro?) in una società in bilico tra l’essere meticolosamente progettata e la sua mancanza di progettualità.
“L’opera d’arte è la performance che il visitatore compie all’interno” (Tosatti) attraversando questi spazi, diventa egli stesso fruitore della catastrofe. L’unico punto di luce è la materia dorata, che sembra dialogare con l’esterno con la statua di Dante (le nostre origini) a simboleggiare l’unico appiglio perché probabilmente una possibilità per costruire la propria identità in questo tempo ancora esiste.