Sabato 18 ottobre ci sarà la presentazione di ‘80H – Eighty imaginary houses I’ll build for you’, nuovo libro di Canedicoda pubblicato da Bruno, studio grafico e libreria con sede a Venezia.
Il tema è la casa ed il tutto si struttura in una riflessione sulla dimensione abitativa attraverso la pratica del disegno. Si passa da strutture immaginarie con forme primitive ad altre intese come rifugio. Un viaggio intimo, ma al tempo stesso comunitario nella dimora, perdonate il gioco di parole, dei pensieri più intimi. Il bisogno di rifugiarsi, il non guardare alla forma, ma alla sostanza. Tutte cose che Canedicoda sintetizza in questo flusso di coscienza che sa di invito recapitato a mano ad un grande gala: ci sono dei sogni da visitare, delle paure da illuminare, dei progetti da vivere.
‘Posso dire poco, se non che nel mio immaginare ogni cosa ha ritmo. Osservare diventa partecipare. Dei miei due occhi uno guarda fuori, l’altro casca sempre dentro. La mia visione d’insieme è sempre mediata tra esterno ed interno: ci sono aspetti pratici nella mia quotidianità che devo per forza alimentare con il fantastico e ci sono sogni notturni che pescano volentieri dal concreto. A volte mi chiedo come sarebbe essere completamente in balia del Dio Desiderio. Uscire dalla boscaglia urlante con una piccola accetta ed un coniglio rosa in mano, così continuamente tra la pietà della ruota e la magia dell’acqua. O al contrario fluire con meticolosa fredda eppure dolce ragione, punto e stop. Erano molti anni che ripudiavo il figurativo: Io disegno mi sono detto, ma ho il dovere di bypassare forme riconoscibili, devo per forza cercare altrove. Così mi sono trovato a comporre il nulla, ad impastare senza forma, aria densa, ed in qualche modo a rinunciare alla parola. Poi banalmente assaporare che ogni processo ha un suo ciclo evolutivo. Ora di fronte a questi disegni di case mi sento ingenuo, e quasi mi sembra essere tornato indietro a rispulciare appunti remoti, a rileggere vecchie favole. Ma ho anche il sentore che queste nuove abitazioni immaginarie possano rappresentare un passo in una diversa direzione e che siano assolutamente frutto di un percorso precedente e reale. Ho un forte bisogno di sole in questo periodo e vorrei poter passare più tempo immerso nel verde. Riguardo queste case, chiuse e finite, singole e avvolte in un paesaggio apparentemente spopolato. Sono forme simili e diverse tra loro, nate da uno scorrere molto automatico, senza dubbio o frustrazione alcuna. Vorrei abitarne almeno un paio. In parte ne abito almeno un paio. Mi piace ripetere il tutto come un ritornello. Case aperte, case grandi, case molto buie. Case morbide, case comode, case dove non vi abita nessuno perchè troppo lontane da tutto. Case simpatiche, case calde, case piccole, case socievoli, case vere. Case immaginarie dalle forme primitive. La casa intesa sia come rifugio sia come rappresentazione di sé. Mi muovo nell’idea che presto o tardi parte di questi disegni possano diventare materia concreta, che queste case possano essere vissute, perché no? Non amo i progetti: preferisco il pesce che all’improvviso salta nel lago stagnante, la corda rotta della chitarra, la pioggia nel mare, preferisco il produrre al consumare. C’è qui una vena triste che zampilla colore, autocritica costruttiva, l’importante è che resti sempre forte la volontà di stare bene.’