La struttura tubolare del Centre Pompidou, radicalmente innovativo per il suo tempo, era vista come una macchia sul volto di Parigi. D’altronde, dato il forte nazionalismo francese, ogni innovazione apportata alla tradizionale architettura della città non sempre è presa come miglioria e innovazione. E così nel design.
Iris Van Herpen, instancabile metafora dell’avanguardia, ne è il perfetto esempio.
La scalata non è stata semplice, i suoi primo bozzetti erano già avanguardia pura, sfruttando tecnologie e materiali innovativi. Nel corso degli anni le sue collaborazioni andavano ben oltre la semplice moda: architetti del calibro di Philip Beesley, artisti come Jolan van Derwiel, il Dipartimento di Materiali del MIT e anche il CERN.
Un’artista a 360° dunque, le cui collaborazione ed esperimenti ne hanno forgiato il carattere artistico e creativo.
La collezione presentata alla Paris Fashion Week di settembre, è fatta da abiti incredibili, assolutamente indossabili, salvo per qualche showpieces scultoreo come l’abito di cristallo realizzato tramite stampaggio con l’aiuto di Niccolò Casas. A colpire sono soprattutto le forme astratte e la manifattura couture.
Con il suo tocco queste nuove forme e volumi sembrano addomesticarsi fino a diventare conformi al corpo.
Attrazione e repulsione dei campi magnetici, questo è quello che trasmette il lavoro di Iris van Herpen, ma anche il particolare rapporto con le tecnologie e la stampa 3D che rendono reali quelli che sembrano essere sogni eterei.
È cibo per anima e per mente la contemplazione di questi capi tridimensionali, come le guaine in jersey nero ricoperte di strutture a nido d’ape.
È innegabile il processo artificioso che c’è dietro questa collezione. L’artigiano non perde la sua funzione in favore della macchina, ma si evolve assieme ad essa. Per questo motivo ci piace pensare ad Iris van Herpen come a un’artigiana delle nuove tecnologie e immaginare un futuro in cui le tecnologie possono essere indossate.