Bellissima è il film di Luchino Visconti che nel 1951 vede Anna Magnani in una della parti più intense della sua carriera. Ma bellissima è la parola che racchiude in sé tutto quello che di italiano c’è al mondo.
Bellissima è quindi espressione di quel dolce far niente che in tutto il mondo è definito “italian way of lifestyle”.
Ma soprattutto Bellissima è il nome della mostra ospitata dal MAXXI dal 2 dicembre 2014 e visitabile fino al 5 maggio 2015.
La mostra racconta di questo modo di vivere italiano espresso dal suo massimo fattore: l’Alta Moda, quella che va dal 1945 al 1968 in quel periodo di profonda crisi e ricostruzione di un Paese che rinasce dalle sue ceneri. È proprio qui che la moda si offre come rinascita dell’Italia e del suo modo di vivere, è terreno fertile dove far germogliare i fasti del cinema, dell’arte, della letteratura e del design che si intrecciano in una straordinaria rete di complicità che terrà vivo quello che era ed è ancora oggi un enorme laboratorio di arti chiamato Italia.
Bellissima non è però la storia dell’Alta Moda italiana, ma il desiderio di analizzare la stessa con un filtro più moderno e adatto a uno spettatore contemporaneo in modo da poter dare voce a quel racconto corale fatto di tante storie esemplari che sono il tessuto che ha dato forma e consistenza al grande successo dell’etichetta “made in italy”.
La mostra è un percorso articolato che consente di girare attorno ai capi firmati da chi ha reso grande la nostra moda, il fascino è quello tipico di quegli anni e gli abiti, indossati da grandi interpreti o solo da facoltose donne della bella Italia, ripercorrono stile e movimenti artistici dell’epoca.
Nell’Italia del secondo dopoguerra sono le complicità progettuali e la curiosità a dare forma a una sorta di brulichio inventivo trasversale che si muove attraverso la città. Ma è anche il lavoro di grandi fotografi a raccontare le varie sezioni, come Federico Garolla e Ugo Mulas che documentano l’intera evoluzione del settore moda dalle grandi sartorie al ready to wear milanese.
All’interno della mostra, divisa in sezioni, è possibile ammirare gli abiti di Roberto Capucci, Germana Muracelli e Mila Shon che rientrano nella categoria “Arty” ovvero i fasti delle grandi atelier del su misura e delle pazzesche lavorazioni artistiche.
Nella sezione “Giorno” rivivono i completi giornalieri, i tailleur e i cappottini utilizzati dalle signore per vivere la dolce vita romana.
“Bianco e Nero” racconta invece tutte le eccellenze del grafico, dai cappotti di pelliccia di Fendi agli abiti da sera di Valentino, bianco e nero interpreta quindi la radiografia come chiave di lettura dell’abito.
“Cinema” racchiude gli abiti che hanno fatto la storia del cinema da Cinecittà a Hollywood, gli abiti diventano i protagonisti o meglio i complici di film come “Le ragazze di Piazza di Spagna” di Luciano Emmer dove l’atelier delle sorelle Fontana diventa scenario della pellicola. Oltre a loro i grandi sarti italiani, Schuberth, Valentino, Gattinoni ed anche il glamour delle grandi icone da loro vestite Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Audrey Hepburn.
Chiudono la mostra gli abiti da “Gran Sera” e da “Cocktail” che narrano, assieme alle sezioni “Esotismi” e “Space”, i tagli, le strutture, i modelli e le decorazioni, ma anche i gioielli che hanno reso il bel paese crogiolo di talenti e di immensa bellezza, una fornace al cui interno si fondono il meglio e il peggio, i fasti che risorgono dalle ombre del dopoguerra e la rapida scalata al successo, quel successo che ancora oggi è famoso in tutto il mondo.
Narrare brevemente la mostra è difficile ed è necessario visionarla per apprezzarne a pieno il potere evocativo ed emozionale di ogni singolo pezzo. Artwort ci è stato e la consiglia ai lettori per riscoprire la sensibilità al gusto sopraffino italiano.