« Non c’è niente di più comico dell’infelicità, te lo concedo » esclama Nell, uno dei personaggi di Finale di partita di Beckett, parlando dall’interno di un bidone della spazzatura.
Sempre Beckett, in Watt, compie una catalogazione di differenti tipi di risata:
Di tutti i modi di ridere, solo su tre credo che valga la pena di intrattenersi, vale a dire l’amaro, il sordo, il cupo. La risata amara ride di tutto ciò che non è buono, è la risata etica. La risata sorda ride di tutto ciò che non è vero, è la risata intellettuale. Ma la risata cupa è la risata dianoetica, giù lungo il grugno. È la risata delle risate, il risus purus, la risata che ride del ridere, quella contemplativa, quella che saluta la beffa più divertita, in una parola ride… silenzio, prego… di tutto ciò che è infelice.
Credo non ci sia bisogno di spiegare quale di queste tre risate inducano i lavori di Maicol&Mirco. Che in realtà è solo Maicol.
Maicol&Mirco. Ma Mirco dov’è? Stai tentando di indurti una forma di bipolarismo?
Mirco è dappertutto. Io non sono due. Se va bene sono mille. Il plurale è quello maiestatis. Ricordate i dipinti medioevali? In cui il Re era alto cento volte un villano? Il mio nome, anzi il nostro, è alto cento volte gli altri. Ma è uno scherzo. Non penserete che vi prendiamo sul serio?
Nell’accanimento contro Dio e la mamma, c’è una precisa presa di posizione?
Cerchiamo di offendere loro per offendere voi. Ma è sempre più difficile. Ci state prendendo gusto. Fra un po’ Dio grugnirà per prenderci in giro.
Il successo riscontrato dai tuoi lavori sembra sia dovuto al fatto che tu abbia intercettato e dato voce all’umore di una generazione. Ti ci ritrovi in questa veste di intellettuale organico?
Abbiamo paura di si. Siamo sicuri di no.
È il cinismo l’ultima arma per resistere alle ingiustizie del mondo e della vita?
Hai presente quando i tuoi divorziano e per farsi perdonare ti riempiono di regali? Il cinismo è questo. È quel megaregalo che ti fa la vita quando divorzia dai tuoi desideri. Niente di più e soprattutto niente di meno.
Il tuo ultimo lavoro è intitolato Il suicidio spiegato a mio figlio. Togliersi la vita sembra essere una soluzione plausibile, e alla fine neanche così traumatica, ai problemi della vita. Tanto da diventare un elemento pedagogico, qualcosa che un padre dovrebbe insegnare ai propri figli.
Insegnare e imparare sono i due lati della stessa medaglia di latta. Togliersi la vita è interessante e affascinante ma inattuabile. È come se decidessimo di toglierci un unicorno. Sappiamo cos’è e come è fatto, ma chi lo ha realmente posseduto mai?
Tanti anni fa per un secondo ci parse di essere padroni della nostra vita. Uno scroscio di pioggia ci costrinse a rifugiarci in casa. Un urlo di un genitore ad asciugarci i capelli. Uno starnuto ad infilarci a letto.
È tutta la vita che i nostri genitori ci insegnano come suicidarci. Solo che non sanno come si stampano i libri e dove.