È tutto normale, è solo metodismo. Ma lasciamelo rifare almeno dieci volte prima di andare avanti.
Chissà in quanti hanno un rituale per la propria attività creativa.
Chissà in quanti hanno ossessioni quotidiane senza rendersene conto.
In realtà è proprio dietro queste incognite, non evidenziate da un’esigenza clinica, che si cela il disturbo ossessivo compulsivo.
Con tale definizione —perlopiù vittima del continuo uso quotidiano— ci si riferisce ad un disturbo psichiatrico, dello spettro ansiogeno, le cui manifestazioni possono essere estremamente variegate, talmente individuali da potersi confondere con tratti della personalità, così “normali” da non prestarci attenzione, anche se talvolta queste ritualità possono alterare, e non poco, la mente.
Non è detto, comunque, che tali alterazioni debbano esitare in qualcosa di negativo: basta pensare a Michelangelo, la cui attenzione era sempre rivolta al suo lavoro artistico, tanto da portare diversi storici a sostenere con sicurezza che soffrisse di un disturbo ossessivo compulsivo. Non era un individuo socievole e, a causa del suo temperamento, spesso finiva per dar di matto durante normali conversazioni con familiari o estranei. Evitava la gente nella maggior parte dei casi e spesso abbandonava conversazioni in atto senza apparenti motivi. Quando un’opinione sembrava offenderlo, semplicemente si allontanava, ma ciò che lo rende più conforme al quadro del disturbo ossessivo compulsivo sono particolari come la sua smania di dormire sempre con i vestiti indossati durante la giornata, persino con gli stivali, oppure i suoi improvvisi isolamenti nel lavoro artistico ignorando qualsiasi tipo di stimolo esterno e non comunicando alcun tipo di emozione. Tuttavia, dire che questo suo comportamento possa aver pregiudicato la sua mente, è sicuramente un oltraggio alla grandissima produzione di tale artista.
Il caso di Michelangelo non resta l’unico tra le menti creative più note, basta pensare anche a Martin Scorsese, che —a detta dello stesso regista— propone il suo disturbo nella lettura psicologica di diversi suoi personaggi, ma anche Stanley Kubrick, il quale non poteva assolutamente rinunciare a quotidiane partite a scacchi, portate avanti con attenzione ossessiva.
Anche nel campo della fisica, grandi geni sono stati portatori di un OCD (questa è in realtà la dicitura anglosassone di Obsessive-Compulsive Disorder), come Albert Einstein, ossessionato dal ricordare giorni, mesi ed anni di eventi più o meno significativi, o Nikola Tesla, che, oltre ad essere germofobo, odiava toccare oggetti rotondi, odiava capelli diversi dai suoi, trovava i gioielli repellenti ed era solito coinvolgere in qualsiasi attività il numero tre: ad esempio in ogni pasto doveva avere pezzi che fossero divisi in tre o multipli di tre.
Se c’è un tratto comune tra questi personaggi che denota il disturbo ossessivo compulsivo, è la continua ricerca della perfezione.
Perfezione che sia tra le linee perfette di una scultura, o che si incontri nella fotografia di un film accattivante, o ancor più, perfezione che si incontra nell’astrazione di numeri perfettamente combinati a descrivere la realtà.
Pertanto, che sia un semplice rituale la chiave per seguire il modus operandi di tali menti, non è detto, ma ciò che sicuramente si può dire è che ancora una volta la spasmodica ricerca di qualcosa che, a detta di molti, non compete all’animo umano, può portare ad una pazzia, più o meno cosciente, più o meno disabilitante.
Basta ripeterselo almeno dieci volte.