Il “fare architettura” ha da sempre accompagnato la storia evolutiva dell’uomo, collocandosi tra l’arte del costruire e le scienze sociali, ma nel corso dei secoli l’architettura è diventato sempre più un campo per gli addetti ai lavori, e la composizione spaziale sempre più un gioco compositivo basato su regole funzionali prima, e nelle mani della creatività delle archistars poi.
Nel mentre, i metodi tradizionali continuano ad erigere oggetti architettonici, architetti visionari propongono un “fare architettura” diverso che definisce nuovi spazi ripartendo dall’uomo.
Ordinariamente oggi un edificio è considerato un oggetto, inteso come un elemento fisico indipendente che proprio per la sua forma si distingue dal contesto circostante. Quando qualcuno parla di un’opera architettonica bella, la intende come un bell’oggetto appunto e – riferendosi alla figura del suo architetto – pensa ad un bravo disegnatore di oggetti urbani.
Tuttavia la dimensione del “fare architettura” si sta sempre più frammentando in una dimensione multiversale più che universale, customizzata più che standardizzata, dove la statica interagisce con la dinamica. Un’ architettura che torna ad essere sempre più sensibile a quello che in fondo è il protagonista del gioco: l’uomo.
In questo nuovo multiverso architettonico, le sperimentazioni a livello mondiale sono tante e variegate e tra queste sicuramente distinta risulta l’ “Architecture météorologique” di Philippe Rahm, architetto responsabile dello studio parigino Philippe Rahm architects, che sviluppa spazi ambientali attraverso un’applicazione della termografia differente, basata su aspetti climatici e psicologici. Il suo concetto di spazio si avvale di studi sulla luce, la temperatura, l’umidità e la pressione per far sì che l’uomo interagisca con l’ambiente e i suoi spazi in modo sensibilmente più confortevole.
There’s a kind of misunderstanding of what architecture is. It’s not to design solid shape and form, it’s to design climate.
Philippe Rahm
Ma per capire meglio il suo metodo di progettazione perché non partire dal suo progetto più significativo, il Jade Eco Park, ora in cantiere a Taichiung, Taiwan? L’intervento prevede nuovi propositi architettonici e paesaggistici per la progettazione di un parco di 70 ettari nell’area del vecchio aeroporto, con l’inserimento di attività sportive e ricreative per i cittadini e i turisti, e la regolamentazione per il nuovo museo e la Taiwan tower.
Lo studio partì dall’analisi di tre fattori climatici principali presenti nella città: il calore, l’umidità e l’inquinamento urbano. Questi vennero rappresentati attraverso un modello computerizzato dinamico che mostrasse quale zone del parco si presentassero naturalmente più calde, umide e inquinate e quali zone fossero più fresche, aride e densamente meno inquinate. L’ambizione era di ampliare queste differenze microclimatiche, rinfrescando, deumidificando e ripulendo le zone già fresche, secche e pulite del parco, per creare microambienti qualitativamente più confortevoli per i visitatori.
Il primo passo fu la piantagione di diverse specie di alberi pensate per incrementare le caratteristiche naturali già presenti nel parco, da piante in grado di assorbire l’umidità, a piante in grado di rinfrescare e rigenerare la qualità dell’aria. Successivamente vennero progettati dispositivi di alta tecnologia, a scala architettonica, che implementassero artificialmente tutte queste condizioni climatiche naturali.
La visionaria spazialità del Jade Eco Park, nelle sue personali rappresentazioni termografiche, porta l’architettura ad ampliare l’effetto naturale della vegetazione presente nel parco in una concezione architettonica che concilia la biologia e l’alta tecnologia. E tutto ciò è pensato in maniera più sostenibile possibile, dove migliaia di sensori sono stati collocati ogni 15 metri per raccogliere dati in tempo reale sulla temperatura e l’umidità in modo da azionare automaticamente i dispositivi solo quando necessario.
I’m trying to invent a new style of architecture that takes the climate and energy [into consideration] at the beginning of the project and not at the end. I have no image of the design at the beginning. We are trying to use the climate as an element in designing. But not in the Modernist way, determining function and place. We want to create a multiplicity and diversity of [atmospheric] qualities.
Philippe Rahm