Eravamo in un caldo pomeriggio d’agosto quando abbiamo deciso di scrivere a Giuseppe Mendolia Calella.
Interessati dai suoi lavori e dal suo nuovo modo di entrare nel complesso mondo dell’arte contemporanea abbiamo deciso di soddisfare la nostra curiosità con una serie di domande che ci hanno permesso di analizzare la sua arte e il suo lavoro.
Definisci il tuo operare con tre parole.
Empatico, antropico, resiliente.
Da dove trai il nutrimento, l’ispirazione per i tuoi lavori?
Lo trovo nello “spazio”. Cerco di leggere gl’oggetti e i luoghi in cui mi ritrovo per coglierne un senso che possa servire a me e a chi legge il mio messaggio. Siamo circondati dall’immagine ma spesso siamo poco attenti ad assimilarne voci e suoni.
BALLOON è un progetto che nasce dall’esigenza di dar voce al mondo dell’arte. Una piattaforma che cerca di unire gli artisti e di metterli in discussione. Raccontaci dell’incontro con Valentina Lucia Barbagallo e Fabrizio Cosenza e di come questo progetto abbia influito nella tua crescita professionale, ma anche personale.
Balloon è stato ed è la base della mia ricerca teorica; l’occasione per entrare in contatto (con pragmatismo) con i miei interessi che coincidono con i miei “bisogni”.
Con Valentina Lucia Barbagallo (curatrice) ho condiviso da subito l’esigenza e il bisogno di rilevare ciò che succede nel panorama artistico e, in generale, nella cultura visuale contemporanea con una speciale presa di coscienza sul territorio in cui operiamo e con cui ci confrontiamo quotidianamente.
Ti definisci “operatore culturale”; pensi che questa descrizione possa essere un rischio in un contesto sociale in cui la cultura non sembra essere più valutata giustamente?
Il rischio è di apparire come un “tuttologo”, come uno che non ha una specificità. Credo fortemente nella trasversalità , la quale per quanto mi riguarda è espressione del tempo in cui viviamo. Inoltre, sono dell’idea che, quando si parla di “espressione umana” (oggetto di mio interesse) non si possono e non si debbano mettere limiti e confini. La cultura soffre di questa mancanza di valore che le si da.
Gli Operatori Culturali hanno questa funzione: ridare senso e dignità alla cultura alta e alla conoscenza come fattore di crescita di una comunità (con i rischi che comporta).
George Bernard Shaw affermava che si usava uno specchio di vetro per guardarsi il viso e si usano le opere d’arte per guardarsi l’anima. Quanto può ritenersi giusta quest’osservazione relazionandola sempre al contesto culturale attuale? Gli artisti contemporanei sono, secondo te, vittime della società o vittime della loro anima?
L’espressione trova sfogo secondo personalissimi modi e tempi. L’importante è esprimersi. Il contesto attuale è così stratificato e complesso che rende sintomatica questa forma (apparentemente) non ordinata del dire e altrettanto dell’ascoltare ma qualcosa succede e questo è tanto!
Quanto i processi sociali hanno influito e alienato anche gli artisti?
Non saprei dirlo con certezza ma è certo che gli artisti come tutte le persone sono soggette ai mutamenti e ai processi di evoluzione che la società stessa impone e subisce.
Sicilia, terra d’origine, terra in cui operi, terra che però soffre dell’indifferenza e del mancato valore che le si da. Quale rapporto hai con Catania e la Sicilia in generale?
Con Catania ho un rapporto di amore e odio, empatia e antipatia. Vivere in Sicilia significa scegliere di vivere nei contrasti, nel doppio! Catania è una città contraddittoria che amo visceralmente. Il grigio e il rosso sono colori in antitesi che rappresentano le due facce della città: quella dinamica e passionale (oserei dire vulcanica) e quella che non sa decidere se essere bianca o nera.
Purtroppo credo che la Sicilia e i siciliani si crogiolino in questo finto dubbio. Siamo così abituati a sentirci “non in grado di…” che alla fine stiamo immobili e questo stare finisce per starci bene!
Quale responsabilità sente un’artista nei confronti della società?
La responsabilità di dire quello che la società dice (o no) con mezzi e forme altre e alte.
Come spieghi la “diffusione del digitale – crisi dell’editoria”. Fenomeno che coinvolge comunque il tuo lavoro in entrambi i casi?
Credo che il digitale abbia un valore divulgativo fortissimo, visti i tempi veloci in cui si muove, mentre l’editoria segue tempi lunghi di persistenza. La società ha bisogno sia del consumo veloce, sia della persistenza: una non sostituirà l’altra.
Raccontaci della collaborazione con Marinella Senatore?
L’esperienza con Marinella Senatore è stata determinante per il mio percorso professionale! Il suo metodo di lavoro, l’approccio col fare artistico cui ho potuto assistere mi sono serviti e continuano a servirmi.
Il senso di responsabilità che il lavoro di Marinella possiede nei confronti della società ha un valore altissimo sia in termini etici sia estetici che pochi artisti contemporanei possiedono.
Con chi ti piacerebbe collaborare per i prossimi workshop?
La lista sarebbe lunghissima.