Guardando le fotografie di Maren Klemp, vengono in mente le parole del poeta Alexander Pope in Eloisa to Abelard (e riprese da Gondry in Eternal Sunshine of the Spotless Mind):
Com’è felice il destino dell’incolpevole vestale! Dimentica del mondo, dal mondo dimenticata. Infinita letizia della mente candida! Accettata ogni preghiera e rinunciato a ogni desiderio.
L’ambientazione dei suoi scatti rispecchia la sua anima nordica, i paesaggi senza fine di una Oslo che sembra appartenere al passato ma già proiettata verso l’essenziale effimero futuro. Contorni sfumati fatti di dettagli talvolta indefiniti visti dagli occhi privi di colori di questa fotografa che mette se stessa e i suoi figli davanti all’obiettivo.
Una verità semplice e delicata quella di questa giovane figlia della fotografia d’arte che quasi sembra essere trasportata dal vento del Nord, seppur immobile negli sguardi cupi di chi pare essersi perso dentro e cerca di ritrovarsi al di fuori. Le trasparenze come gli specchi d’acqua riflettono una dimensione fantasma in cui potrebbero aleggiare le anime di chi vive e convive con molteplici stati interiori, che trasudano alienazione.
Non a caso Maren ci dice:
“They tell about the lack of belonging, to live in a separate world that few or no others can enter or understand. It’s about the fog that comes creeping , which overpowers and paralyzes, the invisible disease.”