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Artwort Arte L’arte sottile di Edoardo Tresoldi
  • Arte

L’arte sottile di Edoardo Tresoldi

  • 19 Aprile 2017
  • Marco Ferrari

Disegnare nello spazio, ordire trame di visuali multiple, evocare densità, trasfigurare contesti sono le operazioni inconsce che operano nell’arte di Edoardo Tresoldi, un giovane artista formatosi come scenografo e sempre più attivo sulla scena internazionale. Una certa teatralità del gesto si può rintracciare nella indecifrabile consistenza di strutture che paiono fondali abitabili, elementi bidimensionali associati a formare volumi complessi ed evocativi. Nelle sue creazioni utilizza esclusivamente rete metallica, trattata come fosse un materiale fluido e costretta a un trattamento scultoreo: un semplice materiale di sostegno per le scenografie teatrali che con Tresoldi ha trovato piena dignità, liberandosi del palcoscenico per invadere le strade.

Se la ricostruzione in maglia metallica della Basilica di Siponto in Puglia è stato il suo intervento di maggiore richiamo mediatico, pare opportuno soffermarsi sulle emozioni suscitate da questa tecnica particolare, una scultura sottile che lascia spazio all’immaginazione.

Non potevo trovare uno strumento migliore per creare strutture che fossero disegni nello spazio, capaci di lavorare sulla trasparenza e dialogare con il contesto invece che occuparlo.

L’immaterialità pare in effetti dimensione propria e caratteristica delle varie opere, che si elevano senza sforzo apparente e non danno mai l’impressione di gravare sul terreno, anzi ne rarefanno il contesto intessendolo di uno spazio solo evocato. Osservandole in movimento, l’impressione cambia continuamente, stimolandoci ad ogni passo con intrecci inediti e sovrapposizioni inaspettate. Un modo umile di interpretare i luoghi, un filtro e una lente per interpellare la loro identità più profonda.

Arricchire lo spazio senza appesantirlo, suggerire più che ostentare: questo il risultato di un metodo che lascia aperti molti interrogativi, molti livelli di lettura, diverse interpretazioni personali. Si può leggere la pura forma o restare affascinati dal gioco ottico dei piani in successione, coglierne le loro implicazioni spaziali o osservarli da lontano cercando di districarsi tra le pieghe incostanti. Delle sue opere restano scolpite nella mente delle immagini, immagini come di apparizioni, con il dubbio costante di averle viste davvero, o solo sognate.

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Marco Ferrari

Laureato in architettura ma interessato a qualsiasi altra cosa, ha frainteso la formazione come una scusa per spostarsi dalla Aarhus School of Architecture al Giappone di Sou Fujimoto, dal Cile della tesi all'India di Studio Mumbai. Ha lavorato per Dorte Mandrup, Cassina e Spaces like Actions.

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