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Robert Damora © Damora Archive
Artwort Architettura Un piccolo capolavoro di Philip Johnson tra le torri di Manhattan
  • Architettura

Un piccolo capolavoro di Philip Johnson tra le torri di Manhattan

  • 20 Aprile 2017
  • Ilaria Lucaselli

Immaginate di passeggiare per le vie di New York, precisamente lungo la 52nd Street che conduce al MoMa Museum, una strada come molte nella grande città, in cui è impossibile non avere lo sguardo fisso in alto verso le torri di vetro. Ad un tratto la vostra attenzione sarà catturata da un piccolo fronte a due piani, raffinato, si potrebbe dire modesto, eppure così prepotente tra quei giganti. La sua introversione vi incuriosirà: è la Guest House che Philip Johnson ha progettato per la Signora Rockefeller nel 1950.

Dean Kaufman / Rockfeller Guest House, Philip Johnson
Dean Kaufman / Rockfeller Guest House, Philip Johnson

I mattoni rossi della facciata interrotti da un alto portone in legno, cedono il posto ad un piano vetrato scandito da elementi in acciaio verniciato, che ricordano i disegni di studio di Mies van der Rohe delle case a corte, ai quali l’architetto si affida per risolvere il dilemma del piano superiore che lui stesso ha considerato “inesistente”, poiché in quel momento realizzava solo edifici ad un livello. È evidente l’onestà tettonica che Johnson apprezzava del lavoro di Mies, nel trasformare la costruzione in un atto poetico curato nel dettaglio.

Dean Kaufman © The New York Times
Dean Kaufman © The New York Times

La facciata nasconde la planimetria dalla forma allungata. Un armadio si interpone tra l’ingresso e il resto della casa, il cui interno è caratterizzato da un flusso visivo continuo di spazi delimitati e sempre più introversi. Un camino scultoreo, accompagnato da un grande tappeto e poltrone, circonda il focolare familiare all’interno di una stanza accogliente. Sulle pareti in mattoni bianchi gli oggetti raccontano gli interessi della famiglia Rockefeller, al tempo residenti.

Dean Kaufman / Rockfeller Guest House, Philip Johnson
Dean Kaufman / Rockfeller Guest House, Philip Johnson

Vi sono pochi elementi d’arredo, un tavolo circolare, un pianoforte, un armadio che nasconde un piccolo bar ed una scultura, disposti sul pavimento bianco e lucido che intrappola e diffonde la luce. Semplici tendaggi separano la stanza dalla “camera di vetro”, la quale accoglie uno specchio d’acqua incorniciato dalla struttura nera della vetrata. Una piccola fontana, un albero, i dettagli neri e bianchi creano un piccolo ninfeo privato, un luogo sereno e isolato, attraversabile solo mediante i blocchi in travertino bianco che conducono alla camera da letto.

Library of Congress, Prints & Photographs Division, Gottscho-Schleisner Collection
Library of Congress, Prints & Photographs Division, Gottscho-Schleisner Collection

Questo piccolo scrigno modernista accoglie in sé un pezzo di storia: la residenza viene interpretata dall’architetto come vetrina per la famosa collezione della committente. Ha ospitato molte opere dei più grandi artisti del ventesimo secolo, diventando un’estensione del MoMa. È stato un luogo che ha accolto gli artisti e ha corteggiato potenziali donatori; esso racconta la storia di una famiglia che ama l’arte e di un architetto, all’inizio della carriera, che non può fare a meno di seguire la sua passione.

Dean Kaufman © The New York Times
Dean Kaufman © The New York Times

Semplice ed elegante, governata dal minimalismo, è stata residenza, galleria d’arte e oggi nuovamente residenza: gli arredi sono diversi, è stata aggiunta una cucina nel seminterrato, eppure la sensazione è ancora quella di un luogo invariato nel suo spirito, la cui bellezza risiede nei materiali e nella cura del dettaglio che Johnson ha voluto tramandare.

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Ilaria Lucaselli

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