Il lavoro di DDT (Davide Di Taranto, performer tarantino installato a Southampton), si innesta su creazioni e interpretazioni, ma talvolta anche su rivisitazioni, riflessioni e ri-creazioni di materiali e forme comuni.
Da sempre affascinato dalla modellazione dei materiali, Davide è riuscito ad insediarsi nel molteplice mondo dell’arte contemporanea. Fotografie, in cui talvolta compare come modello; sculture, modellate con diversi materiali; performances, quasi atti teatrali. Vestito da tennista, rompe la quarta parete, il muro immaginario che lo separa dal pubblico, per chiedersi quale fine può raggiungere il messaggio che si cela in un atto simile. Ed infine ritratti, dove la tecnica si relaziona col talento.
Tra le sue opere più interessanti, alcune “uova” primordiali, simbolo ancestrale di creazione, dove egli stesso si immagina nudo mentre distrugge una parete blu. Una sottile provocazione: viene prima l’opera o l’artista?
O la realizzazione di alcune mascotte, piccoli alter-ego o avatar, idoli forieri di ispirazione, ma talvolta anche di virtualitá. Una sorta di proiezione costante delle numerose piattaforme “social”.
Alcuni dei dipinti in acrilico di DDT sono segno di un autoconoscimento che si gioca sulla dicotomia artista/artefice. Egli si immagina come parte di un cerchio, simbolo ontologico di perfezione, come se l’artista volesse essere la chiusura, la quadratura, dello cerchio stesso. Tutto il resto é dipinto monocromaticamente, a sottolineare l’individualitá di ogni creatore.
Per quanto riguarda invece la scultura, tra i lavori con la ceramica ha realizzato una figura su due gambe che è per metá globo. Ovvero Atlante si è materializzato e trasformato nella medesima volta infinita che è costretto a sorreggere, stavolta con la sola forza di due gambe. DDT è stato quindi capace di condensare in un piccolo oggetto il più grande pregio e il più grande difetto del genere umano.