The Big Lebowski Art Collection è il libro uscito il 29 settembre –pubblicato da Edizioni del Frisco– che raccoglie 68 illustrazioni ispirate a quel film del 1998 di Ethan e Joel Coen divenuto un autentico cult. Artisti da tutto il mondo hanno inviato la propria opera rispondendo all’invito di Francesco Ciaponi, fondatore della casa editrice e art director, che ha visto crescere l’entusiasmo e la partecipazione di tutti nel collaborare alla realizzazione del libro. Abbiamo chiesto a Francesco i particolari del suo progetto.
Quando e come nasce l’idea iniziale di The Big Lebowski Art Collection?
L’idea di rendere omaggio ad un film come The Big Lebowski è da tempo che era riposta in uno dei cassetti della mia scrivania, era lì ferma e la scusa per non realizzarla era sempre la stessa che usano tutti: la mancanza di tempo. Con il passare degli anni, e ne sono oramai passati quasi venti, e vedendo che non venivano prodotti libri su questo film che invece continuava ad essere amato in tutto il mondo, da una parte mi sorgevano dei dubbi sull’effettiva bontà del progetto, dall’altra ero spinto a non abbandonarlo fino al giorno in cui ho deciso di iniziare a lavorarci partendo da una piccola idea, curioso di vedere cosa sarebbe successo.
Un progetto curioso e impegnativo per le Edizioni del Frisco, piccola editoria indipendente, che hai descritto così: “The Big Lebowski Art Collection è un sogno, è un paradiso per tutti i fan del Drugo, è un mondo d’arte e creatività dedicato al nostro leggendario film The Big Lebowski che le Edizioni del Frisco hanno raccolto da tutto il mondo.” Il tuo entusiasmo è stata la carta vincente per coinvolgere artisti e collaboratori?
Diciamo che io l’entusiasmo nel progetto l’ho messo e lo metterò anche nei prossimi mesi quando sarò in giro per l’Italia a presentarlo. È una questione di come si è fatti ed io sono fatto così, questo vale per Lebowski e per tutti i progetti in cui decido di credere. La mia idea iniziale era quella di far sentire a tutti gli artisti di essere dentro al progetto, di essere una parte imprescindibile di esso e per far questo ho deciso di inviare a tutti e 68 aggiornamenti regolari, diciamo ogni 3 settimane, per tutto il periodo di lavorazione. In questi aggiornamenti condividevo con loro idee, problemi, passi avanti e passi indietro del libro e, devo dire, salvo alcuni di cui non ho mai avuto riscontro, è stato bello scambiare idee con persone di tutto il mondo, da Beirut alla Nuova Zelanda, da Los Angeles all’Islanda. Spero che questo sia stato importante per loro come lo è stato per me.
Come nasce la scelta del nome Edizioni del Frisco?
Frisco era il diminutivo con cui, a partire dagli anni sessanta i giovani chiamavano San Francisco. Sono particolarmente legato alla città ed al periodo in questione soprattutto per quanto riguarda le produzioni editoriali e questo mi ha portato inizialmente a una fanzine dal titolo Friscospeaks in cui, nel 2001, affrontavo i temi relativi alla controcultura americana e non quali la psichedelia, la musica e l’immancabile poster art che proprio in quegli anni raggiunse il suo apice in termini di ricercatezza e sperimentazione stilistica. La fanzine è andata avanti, girovagando fra concerti, locali e soprattutto amici e appassionati, per ben 13 numeri ed è arrivata alla sua fine naturale nel 2009 una volta che sono riuscito a visitare San Francisco e tutti quei luoghi che per tanti anni avevo descritto nelle pagine di collage fotocopiati. Diciamo che per me è stato il battesimo nel mondo dell’editoria underground non più solo ricercata, letta o acquistata ma realmente prodotta e quindi rimane ancora oggi un nome a cui sono molto affezionato.
Sul sito delle Edizioni del Frisco appare una carta del mondo intitolata ”The art of big Lebowski in the world” che evidenzia ed elenca i 21 stati da cui provengono gli artisti. Quale è stato il criterio di scelta e come avete collaborato? Sono nate delle amicizie e dei progetti per il futuro?
Diciamo che il progetto iniziale prevedeva un numero di artisti minore e soprattutto ristretto all’Italia. Successivamente però, visto che non ero sicuro dell’adesione che avrebbe avuto la mia call, ho condiviso la cosa sui canali social delle Edizioni del Frisco e da lì in poi è stato un fiume di mail, illustrazioni e adesioni da ogni parte del mondo che sono continuate anche dopo la data di chiusura fissata per il 30 aprile scorso. Fin da subito ho deciso che non ci sarebbe stata selezione visto che, a mio avviso, il progetto ha il suo fulcro proprio nella eterogeneità del materiale, nella quantità di stili e soprattutto di punti di vista con cui, ognuno dei 68 artisti, ha rivisitato il tema creando una galleria tanto numerosa quanto affascinante. Come detto, con alcuni si è instaurata una sorta di amicizia per corrispondenza che continua ancora oggi e che, forse, ci vedrà collaborare per i progetti futuri delle Edizioni del Frisco che, statene certi, non smetterà di stupire!
L’intrigante cover image è stata disegnata da Nadia Sagramella che ha inaugurato con i suoi disegni il format Disegnini di Artwort. Ci vuoi raccontare come è nata e si è sviluppata l’idea dell’immagine?
Quando Nadia si è proposta c’è stato subito un bel rapporto. Mi è piaciuta la sua tenacia e la sua voglia di essere dentro al progetto. Inoltre mi ha affascinato la sua versatilità, il suo essere capace di vestire più abiti mantenendo un proprio stile ed il suo approccio meticoloso e puntuale. Per la copertina mi ha proposto un’illustrazione che poi, dopo idee, modifiche, pensieri e scambi, si è rivelata essere quella giusta e che infatti trovate nel libro. Un’immagine pulita, liscia, semplice che mette un Drugo danzante al centro di una normalissima stanza facendo di lui il vero punto di riferimento della pagina.
Hai avuto molto coraggio a fondare una casa editrice. Ci parli della tua esperienza lavorativa, dei tuoi interessi e delle Edizioni del Frisco?
La mia vita professionale si è divisa negli ultimi anni fra il lavoro come formatore in azienda e quello di art director e editore di piccoli prodotti editoriali indipendenti. È proprio questo secondo ambito che da sempre sto cercando di trasformare in un vero e proprio lavoro partendo dalla laurea in Storia dell’editoria che mi ha permesso di pubblicare il mio primo libro Underground: ascesa e declino di un’atra editoria sulle riviste underground italiane del periodo 1966/1977 fino alla realizzazione di Italian Poster Rock Art, un sito archivio che raccoglie la produzione italiana di poster art per eventi musicali. Dopo anni in cui ho collaborato con riviste e prodotto fanzine sempre incentrate sui temi della grafica e dell’editoria indipendente, nel 2016 mi sono deciso a provare questa avventura della casa editrice che devo dire sta dandomi soddisfazioni inaspettate in termini di attenzione mediatica e rapporti umani. I miei interessi sono quelli tipici di un’anima onnivora sempre in pena che soffre per la mancanza congenita di tempo per approfondire le infinite curiosità e che, con il fiato corto, cerca di correr dietro al continuo nascere di idee nuove e progetti. Questo è il quadro che, inserito in un contesto di un piccolo paese di provincia, rende il tutto ancora più affascinante proprio perché difficile e contro vento.
Le prossime presentazioni del libro e le prossime iniziative per pubblicizzarlo?
Da ottobre inizierò a portare in giro il libro per l’Italia con tappe a Torino, Firenze, Roma, Arezzo e, con mia grande soddisfazione, anche a Bruxelles dove, grazie alla Piola Libried e all’Osteria Agricola Toscana stiamo organizzando una mostra con molte delle illustrazioni presenti nel libro. Insomma, siamo solo agli inizi visto che nel 2018 ricorrerà il ventennale de Il Grande Lebowski e sto pianificando altri appuntamenti proprio per il nuovo anno, ma va benissimo così e non vedo l’ora di guardare le facce delle persone quando si troveranno di fronte questo piccolo grande libro.
Dal 2002 si tiene a Louisville nel Kentucky, ma anche in altre città, il LebowskiFest, un festival annuale con proiezione del film, musiche e una partita di bowling con molti tifosi vestiti come quei personaggi indimenticabili. Il successo non accenna a diminuire, come te lo spieghi? Ti piacerebbe presentare il tuo libro al LebowskiFest?
La presentazione del libro, così come concordato con tutte le realtà che decidono di supportarmi in questo giro promozionale, sarà sempre un evento diverso, originale, distante anni luce dalle presentazioni così come le conosciamo. Si va da location come gli spazi di coworking fino al conceptstore, dalle classiche librerie fino ai pub ed ai locali notturni. Insomma, se seguite la pagina facebook delle Edizioni del Frisco potrete vedere le varie tappe da qui a giugno e decidere a quale partecipare, sempre rigorosamente con lo spirito giusto però! Il Grande Lebowski, a mio avviso, non ha un vero e proprio successo, almeno non nel senso comune con cui lo intendiamo di solito. Quello si riferisce ad un film, ad un prodotto, ad una canzone, a fenomeni e/o oggetti cioè che ti piacciono e, come a te, piacciono a molti altri. Per il Drugo non penso sia solo una questione di piacere, sarebbe oramai scemato l’interesse se fosse così. Penso piuttosto ad una sorta di amicizia, di fiducia, di benessere, un legame di stomaco, che provi anche solo perché sai che lui ed i suoi amici esistono. Il loro semplice esserci ed il loro modo di vivere il caos della vita quotidiana ci rendono meno nervosi o, come ho scritto nella prefazione del libro, addirittura più felici.
Il coronamento del tuo sogno sarà avere l’identico successo del film? Noi te lo auguriamo.
Il mio sogno era confrontarmi con la progettazione e la realizzazione del primo volume della mia casa editrice, ma come tutti i sogni, anche questo fa parte di un flusso continuo e quindi adesso sono già a pensare al prossimo volume che avrà ancora come soggetto qualcosa di cinematografico e sarà sempre accompagnato da grafica, illustrazione ed altri elementi riconducibili al design. Vedrete…
Hai un altro sogno nel cassetto?
Io vivo di sogni e questa non è una scelta, è una necessità. Uno realistico su cui lavoro già da un po’ è quello di creare uno spazio digitale prima, fisico poi, in cui le realtà editoriali indipendenti e autoprodotte possano riunirsi per creare uno spazio comune dove avere maggior visibilità e maggior peso così da mostrare, anche al pubblico meno vicino al settore, l’immensa mole di creatività e di competenze che vi si muovono dentro. Quello sognato che continuo a rincorrere è invece, come detto, il sogno di riuscire a ritagliarmi uno spazio mio nel mondo dell’editoria facendo camminare spedite le mie idee ed il mio modo di lavorare.