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Artwort Speciali Interviste immaginarie Le interviste immaginarie – Se avessi incontrato Eileen Gray forse sarebbe andata così
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Le interviste immaginarie – Se avessi incontrato Eileen Gray forse sarebbe andata così

  • 7 Marzo 2019
  • Laura Malaterra

Le interviste immaginarie sono un viaggio intrigante che ci porta ad incontrare, ogni volta, un grande del passato. Cinque domande rivolte con leggerezza per scoprire vita, passioni, progetti, segreti e umanità di questi personaggi, ricostruiti sulle basi del nostro sogno e sulla realtà della storia. Personaggi che si presentano vivi e attuali, ma in tutto rispondenti al loro tempo e alla loro personalità. Per capire veramente come e perché siano così importanti per la nostra cultura.

Mentre sto andando nella casa-studio di Eileen Gray, dove vive da anni circondata dagli oggetti della sua vita, per parlare della sua avventura di artista, artigiana della lacca, pittrice, designer, architetta, al 21 di Rue Bonaparte, nel cuore di Parigi, ho girellato per i librai antiquari in cerca di chicche, dato che sono in anticipo. Ho trovato Vers une architecture di Le Corbusier, pubblicato nel 1923 e considerato uno dei testi fondanti del Movimento Moderno, e ho sentito che è stato un segno del destino! Avevo deciso di non affrontare l’argomento de la Maison en bord de mer, a Roquebrune-Cap Martin soprannominata E1027, per non rispolverare una situation confictuelle con Le Corbusier che nel lontano 1927 ferì molto Eileen, ormai considerata designer modernista della prima ora. Se, vedendo il libro, le verrà il desiderio di parlarne la ascolterò con interesse, altrimenti io non accennerò nulla.

Eileen, siamo illuminate dalla sua filiforme Tube Light e ho posato la mia tazza da tè sul tavolino E1027 che, grazie alla sua idea geniale di dotarlo di una chiave sul retro che può modificare l’altezza della gamba telescopica, è forse l’oggetto suo di design che già ora è il più imitato! Di fronte a me uno dei suoi famosi paraventi. Non vedo la poltrona Transat e la morbidosa poltrona Bibendum, creata per madame Lévy, forse le ha nascoste in altre stanze… Ci vuole parlare di questi suoi meravigliosi progetti?
Ho spostato qua e là qualche cosa, non volevo darle la sensazione di entrare in una galleria-museo. Quanto al paravento, realizzai ogni pannello in smalto grigio opaco con riflessi d’oro e d’argento, una tecnica imparata da Seizo Sugawara, a quel tempo uno dei pochissimi maestri dell’antica arte giapponese del paravento ancora in vita, con cui ho avuto la fortuna di lavorare per parecchi anni. Solo una piccola parte del paravento era spostabile, era il mio primo esperimento di creare quasi un elemento architettonico. Nel ’23, quando stavo terminando la ristrutturazione dell’appartamento di madame Lévy,  partecipai al Salon des Artistes Décorateurs di Parigi allestendo il Boudoir pour Monte Carlo dove erano presenti due paraventi privi di sostegno, completamente bianchi, spogli. Fece molto scalpore il mio Boudoir affiancato agli allestimenti voluttuosi di Lalique, Brandt, Pierre Chareau. Nel corso degli anni  ho continuato a realizzarne rifinendoli in vernice, come il mio primo paravento di inizio carriera che chiamai con nome profetico Le Destin, o laccando i mattoncini giapponesi con una tecnica di lucidatura, strato dopo strato, di una resina particolare. Per la Tube Light forse la grande innovazione è stata l’eliminazione del paralume che ha reso protagonista il tubo fluorescente sottolineando la sua perpendicolarità con l’esile colonna in acciaio cromato. L’ho progettata nel 1927 come il tavolino E1027, che ho chiamato come la famosa casa a Roquebrune.

Il suo senso estetico, che l’ha affiancata al movimento olandese De Stijl secondo cui “tutte le forme belle sono meccaniche, o funzionali, e mostrano l’oggetto privo di decorazione.”, l’ha portata ad essere una delle protagoniste del design e dell’architettura moderna accanto a Le Corbusier, amica di J.J. Oud e Jan Wils, apprezzata da Walter Gropius e Pierre Chareau. Il suo modernismo è esploso nella realizzazione della sua casa E1027, numero che ha ricavato da un codice numerico delle iniziali del suo cognome e quello dell’architetto Jean Badovici direttore della rivista “Architecture Vivante”. Una casa di piccole dimensioni ma di grande influenza per l’architettura dove i suoi oggetti di arredamento, realizzati appositamente, hanno creato un “calore” spirituale lontano dalla freddezza delle prime case moderniste.
Per la sua realizzazione avevo seguito “i punti per una nuova architettura” stabiliti da Le Corbusier nel 1926. Il centro della casa era un salotto che definirei “polifunzionale” e proprio per quel salotto ho progettato i miei vari mobili adattabili ad usi ed esigenze diverse. Avevo in mente mobili comodi, rigorosamente semplici nelle forme. Anche a Le Corbusier piaceva molto quella casa affacciata sul mare, veniva a trovarci spesso, con la scusa di prefigurare il futuro dell’architettura durante le nostre animate chiacchierate, ma forse il vero motivo erano le sue lunghe nuotate dentro quel mare abbagliato di luce. Poi nel 1952 costruì, proprio dietro E1027, il suo famoso Cabanon. Ho amato molto quella casa. Ma dopo che Le Corbusier affrescò le facciate linde di E1027 con otto murales ho sentito la mia opera violata, incisa da segni che non mi appartenevano, scalfita da tagli che mi hanno ferita. Non sono mai più tornata in quella casa. All’epoca, devo ammetterlo, ho sofferto molto anche perché attraversavo un periodo molto difficile della mia vita sentimentale, ma ora è passato tanto tempo… E poi ne ho costruita un’altra di casa, solo per me. 

Tempe à Pailla, il tempo della mietitura, la casa inaugurata nel ’34 circondata da ulivi e vigneti e sempre affacciata sul mare nel sud della Francia è composta da lunghe e strette forme rettilinee ispirate dalla struttura delle navi. Anche la sua poltrona Transat gioca con le forme ed il nome delle sedie da tolda di nave. E poi il suo Daybed e la poltrona Bibendum…
Desideravo un “letto da giorno” ideale per il riposo e il relax, così ho progettato Daybed formato da un doppio materasso imbottito sostenuto da una struttura cromata che ho usato anche a fini decorativi, incorniciando i materassi con una linea dagli angoli retti. Ho sempre amato combinare gli opposti, materiali soffici con quelli duri, parti prodotte a macchina e altre a mano privilegiando sempre il comfort. Anche la poltrona Transat è molto confortevole: il telaio è in legno laccato e le diverse parti sono collegate da rifiniture di metallo cromato, l’appoggiatesta è regolabile, il sedile reclinabile, abbassabile e sospeso alla struttura di legno. Per la casa E1027 utilizzai pelle e lacca nera mentre nel mio negozio parigino, la Galerie Jean Désert, ho messo in vendita versioni in altri colori e poi ne ho realizzate due su commissione speciale del Maharaja di Indore e ho dovuto usare una colla particolare per assemblare le parti in legno per poter sopportare il forte calore del luogo! Tempe à Pailla è una casa con una vista incredibile sulle montagne, sulla città vicina e sul mare, un luogo idilliaco che ho sempre considerato un po’ il mio rifugio. Tenevo, e tengo molto, alla mia privacy quindi l’ho progettata dividendo gli spazi aperti agli amici da quelli tutti per me, anche le terrazze sono protette da un grande muro che oscura la strada vicina ma lascia libero il paesaggio.

Eileen Gray – Menton
Petite Coiffeuse – Castellar Mirror – Eileen Gray
Table Rivoli – Eileen Gray
Eileen Gray – Non Conformist
Non Conformist – Tube Light – Daybed – Eileen Gray
Eileen Gray – Daybed

In un ambiente dominato dagli uomini lei si è imposta come una figura quasi unica,  il suo è un  Funzionalismo più ispirato al Bauhaus tedesco, che si fondeva con la materialità dell’Art Deco, un po’ distaccato dal rigido Funzionalismo dell’era delle macchine. Gli interni delle sue case sono stati degli splendidi esempi dell’Art Deco modernista francese. È riuscita a creare un suo stile personalissimo, i suoi oggetti e arredi avanguardisti nell’aspetto possiedono un’eleganza che alcuni hanno definito “quasi alchemica”.
Credo di non aver mai abbandonato il piacere di creare, a volte giocando, creare con umorismo ispirandomi a forme anche bizzarre ma affascinanti. La poltrona Bibendum rappresenta la messa in atto di questi miei pensieri… Ispirata al “Bibendum, il copertone vivente”, la mascotte creata nel 1898 dall’artista pubblicitario O’Galop per la Michelin, è una poltrona con una caratteristica imbottitura tubolare rivestita in pelle, montata su di una base in tubo d’acciaio cromato. È una poltrona voluttuosa, anche morbidosa, come ha detto lei usando un termine che mi è piaciuto molto perché possiede un che di fanciullesco. Il problema, per ora non ancora risolto, è che non è prevista una produzione in serie, ma spero in futuro.

Bibendum – Eileen Gray

Ha lavorato anche ad alcuni progetti di architettura a carattere sociale e allo studio di  “maison minimum”, abitazioni prefabbricate per due, tre e quattro abitanti. Progetti interessanti che, forse, prefigurano un futuro di case abitate da single. I suoi progetti seguono queste vie che ora paiono troppo futuribili? E i suoi sogni futuri?
Le sembrerà infantile quello che le sto per dire: il mio più grande desiderio sarebbe fare un viaggio nel futuro e sbirciare se nelle case – diciamo del 2020? – in ampie stanze luminose affacciate sul mare ritrovassi, come per incanto, Le Destin, Bibendum, Transat e poi E1027, un tavolino che ho progettato per i marziani… 

Film The Price of Desire  2015

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Laura Malaterra

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