Ci inerpichiamo per raggiungere la vetta dell’Etna, ma questo cammino pare anche un viaggio a ritroso nel tempo dove le immagini della serie Vulcano, in un bianco e nero soffuso di morbidi grigi, ci catapultano in anni lontani da noi.
Giulia De Marchi, fotografa autodidatta di cui vi abbiamo già parlato, possiede il dono di raccontare con poesia e delicatezza, regalando alle sue fotografie un fascino antico.
In Vulcano si è ispirata, interpretandole perfettamente, alle parole di Patrick Brydone che in A Tour Through Sicily and Malta: In a Series of Letters to William Beckford – la sua unica opera letteraria riebolazione degli appunti del viaggio compiuto realmente in Sicilia e a Malta tra il 15 maggio e il 29 luglio 1770 – scrive lettere immaginarie a William Beckford descrivendo l’incanto del vulcano:
“Ci sono qui dei luoghi che senza dubbio si possono dire tra i più incantevoli della terra, e se l’Etna dentro somiglia all’inferno, si può dire a ragione che fuori somigli al paradiso. È curioso pensare che questo monte riunisce in sé tutte le bellezze e tutti gli orrori… Qui si può osservare una voragine che un tempo ha eruttato torrenti di fuoco verdeggiare ora delle piante più belle… Qui si possono cogliere i frutti più squisiti… senza pensare che sotto i nostri piedi c’è l’inferno con tutti i suoi terrori, e che soltanto poche iarde ci separano da laghi di fuoco liquido e di zolfo “
La riscoperta di un Grand Tour d’altri tempi ripercorso con la languida malinconia di giornate illuminate da una luce lattiginosa, ombrata da nuvole, un’atmosfera uggiosa che ammorbidisce quella roccia magmatica resa quieta e che pare perfino cedevole sotto i passi di sparuti viandanti, anche loro figurine d’altri tempi.
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