Chi da bambino non è rimasto affascinato nel guardare il mondo attraverso gli specchi prismatici di un caleidoscopio, distorcendo ed esaltando le normali forme ad ogni minimo movimento, per dar vita a nuove geometrie colorate ed irripetibili?
Apparentemente sembra solo un gioco. Nella storia il caleidoscopio ha avuto un ruolo interessante, non solo come ispirazione per creare “belle forme”, ma anche nelle ricerche matematiche e geometriche, che, come si vedrà, possono “riflettersi” nell’architettura.
In occasione della Biennale di Kobe (Giappone) “Art in a Container” svoltasi nel 2013, i designers giapponesi Masakazu Shirane e Saya Miyazaki hanno voluto sperimentare questo straordinario effetto. Essi infatti, attraverso un tunnel di specchi dinamici, disorientano, ingannano e allo stesso tempo danno l’illusione che lo spazio sia più esteso di quanto non lo sia nella realtà.
L’installazione Garden consiste in un caleidoscopio mobile di grandi dimensioni all’interno di un container industriale, in cui, attraverso giochi di luce e rifrazione, i visitatori possono entrare e sperimentare continui ed infiniti frammenti di riflessioni di sé e delle superfici circostanti.
L’unicità del progetto sta nella struttura leggera, flessibile e soprattutto mobile. Esso, infatti, sperimenta una nuova tecnologia, chiamata Zipper Architecture.
La tecnica sta nel collegare i diversi pannelli triangolari tra loro, attraverso un sistema dinamico di cerniere. Gli specchi risultano, così, facili da spostare, aprire e chiudere, per ricreare scenari sempre unici.
Grazie a questo progetto, i due designers hanno vinto il premio alla Biennale di Kobe, nonché, più recentemente, quello al Design Award CS.
Negli ultimi anni si sta sviluppando sempre di più questo nuovo modo di guardare e concepire lo spazio. Non a caso questo progetto si propone di provocare interessanti riflessioni sull’architettura del 21°secolo, già introdotte alla fine degli anni ’90 da Anish Kapoor.