Roberto Cireddu, in arte Ciredz, è un artista prismatico di origini sarde che con le sue opere si è classificato tra i migliori street artist al mondo. I paesaggi naturalistici della Sardegna appartenenti all’infanzia, in contrapposizione ai moduli urbani in cui si imbatte da ragazzo durante la sua permanenza a Bologna hanno prodotto, quali inesauribile fonte d’ispirazione, opere d’arte che restituiscono allo spettatore una riflessione sulla relazione simbolica tra l’opera stessa e lo spazio in cui essa si trova. Il continuo dialogo tra l’uomo e la natura si dispiega così in un’estetica dicotomica di tipo geometrico, astratta, semplice e incredibilmente “illusoria”. Altrettanto importante nel suo percorso artistico è lo studio e il contrasto dei materiali, in particolare la terra e il cemento, protagoniste di una serie di sculture ospiti alla Galleria Varsi di Roma all’interno della mostra “Residui” dal 24 novembre, il cui nome riporta al “Manifesto del Terzo Paesaggio” di Gilles Clément, grande caposaldo della poetica di Ciredz, in cui si delineano come soggetti della ricerca architettonico-paesaggistica quei “luoghi indecisi”, residuo appunto di qualcosa che è altrove, frutto dell’intervento dell’uomo sulla natura, che diventano per lo street artist “rifugio per la diversità”.
Campagna e città, spontaneo e ordinato, fanno parte del dialogo uomo/natura al centro del tuo dibattito artistico in una continua dialettica di armonie, contrasti percettivi, materici e paesaggistici. Ma chi era, e chi è Roberto Cireddu? Da dove viene la sua arte?
Sono sicuramente stato molto influenzato dal posto dove sono cresciuto e dal modo in cui sono cresciuto. Senza dubbio è stato determinante aver vissuto in un posto lontano dalla città ciò mi ha permesso di sviluppare una certa sensibilità senza la quale non avrei potuto concepire il lavoro che porto avanti oggi. Durante gli anni di studio a Bologna ho conosciuto e studiato il lavoro di alcuni artisti, tra cui Giuseppe Penone, Pier Paolo Calzolari, Sol LeWitt, Richard Long a tanti altri che mi hanno influenzato particolarmente. Conoscere le loro ricerche mi ha spinto a interrogarmi sui materiali in una maniera profonda. Poi c’è il lavoro di Superstudio che mi ha aperto la mente sulla relazione tra natura e artificio, mi viene in mente Supersuperficie e Monumento Continuo.
Arrivare a quelle conoscenze mi ha portato a raggiungere una consapevolezza importante sul mio percorso e a capire meglio il mio intento.Insomma la mia arte viene da conoscenze, tanti ragionamenti e riflessioni, letture, influenze, passione, curiosità, rabbia, ingenuità, e cosi via dicendo.
Qual è stato il momento in cui hai compreso cosa volevi ottenere dalle tue opere?
Credo che sia quando ho cominciato a studiare scultura, quando ho abbandonato il figurativo per iniziare una nuova ricerca astratta, quando i materiali per me sono diventati più importanti della figurazione.
La grafica e il volume sono la base del mio lavoro, mi concentro sull’estetica mettendo in secondo piano tutto ciò che concerne attribuire un significato poetico all’opera, credo che il significato del mio lavoro è insito nel dialogo tra i materiali che utilizzo, dalla loro combinazione.
Terra e cemento tra poco a Roma in una mostra intitolata “Residui”. Il paesaggio, naturale e/o urbano è il luogo dal quale la tua arte trae ispirazione, ma cosa ti porta a scegliere un luogo piuttosto che un altro, così come un muro? Quali sono le caratteristiche del tuo “Terzo paesaggio”?
Il titolo della mostra Residui è una citazione del “Manifesto del Terzo Paesaggio” di Gilles Clément, paesaggista francese. Ho trovato il saggio di Gilles Clément da alcuni punti di vista molto affine alla mia ricerca artistica, è stato sorprendente per me trovare un’affinità cosi grande perché ancor prima di leggerlo ho iniziato a notare quegli spazi inclusi nella sua analisi sul paesaggio, i residui, e individuarli come spazi indecisi, senza una funzione, frutto dell’intervento dell’uomo, interessanti per me per via dell’aspetto grafico e della loro “non funzionalità”. Il “Manifesto del Terzo Paesaggio” classifica proprio quegli spazi che prescindono dall’attività umana, che creano dei frammenti di territorio che non hanno niente in comune fra loro, se non il fatto di essere un rifugio per la diversità.
Sono proprio questi spazi, “I Residui”, l’oggetto della mostra.
Come artista, cosa desideri condividere con lo spettatore? E cosa ti aspetti da lui?
Penso che il mio lavoro viene apprezzato principalmente dagli “addetti ai lavori”, ma anche artisti e architetti, spesso sono persone appassionate di arte.
Con lo spettatore voglio condividere la mia visione, il mio percorso, un’analisi che è frutto di anni di ricerca. Vorrei che le mie opere stimolassero una riflessione.
Dal pubblico mi aspetto sincerità, l’arte è molto soggettiva, adoro quando qualcuno guardando i miei lavori percepisce qualcosa a cui io non ho mai pensato.
Penso che il rapporto con un’opera d’arte possa definirsi in termini di scambio.
Matematica, geometria e cromie sono i tuoi strumenti espressivi, come si amalgamano? Come nasce un’opera di Ciredz?
Come ti dicevo prima tutto ciò che mi sta attorno è fonte d’ispirazione per me, soprattutto il paesaggio, che sia naturale o urbano. Pochi anni dopo essermi trasferito in città ho iniziato a essere affascinato dalla presenza della natura nello spazio urbano, dove la natura si fa geometria ordinata, come nei casi dei viali alberati, le aiuole, i giardini delimitati da siepi allineate e cosi via.
Una delle più grandi ispirazioni è la fotografia essendo l’unico modo per poter escludere da tutto il resto un particolare adatto alle mie esigenze per forma e colore. La mia terra mi ha sicuramente portato a sviluppare una certa sensibilità riguardo la combinazione tra spazio urbano e spazio incontaminato.
La matematica e le geometrie vengono senza dubbio dallo spazio urbano, le cromie e le forme aperte vengono dalla natura. L’intenzione di combinarle assieme viene dall’attenzione che ho nei confronti di questo rapporto di coesistenza tra natura e uomo dal quale nascono frammenti di territorio molto interessanti da un punto di vista grafico.
Hai nuovi obiettivi per la tua ricerca artistica? Dove ti vedi tra 5 anni?
Diciamo che non li reputo veri e propri obiettivi, voglio solo andare avanti, ho dei progetti che mi piacerebbe sviluppare, sono appassionato di audio sperimentale e vorrei un giorno concretizzare delle collaborazioni audiovisive. Dal punto di vista della mia ricerca mi sento ancora all’inizio e credo di poter portare avanti il mio lavoro all’infinito.
Per ora sto a Roma e non ho la più pallida idea di dove potrei essere tra 5 anni.