Await, il progetto di Luca Abbadati –fotografo e architetto che lavora tra Brescia e Milano di cui vi abbiamo già parlato– ci affascina proprio per questa atmosfera di attesa senza fine che ci fa sentire tutti un po’ Vladimir ed Estragon che “Aspettando Godot” riempiono di parole luoghi dilatati da silenzi.
Un’attesa in spazi metafisici dove la materia degli edifici pare smaterializzarsi in un’aura evanescente che rende le architetture fluttuanti nello spazio.
Edifici di un’architettura povera e muri rosati come quinte teatrali acquistano un’aulicità che ci riporta inevitabilmente alle piazze e alle prospettive dechirichiane e così le immagini di Luca coniugano arte, architettura, teatro, rappresentazione e fotografia.
“Await does not explain the reality of things. Reality serves as a starting point to say more… I photograph a moment that leads to an event that will happen shortly.”
Proporzioni classiche e perfette di una facciata, tagli a scaglie azzardati di un labirinto pavimentato che pare un Textudo e una scala morbida come un gelato di Vanilla pongono l’attenzione sui materiali delle architetture, plasmati per creare artifici che sembrano pittorici.
E poi quella casa rosa di una cosiddetta architettura povera, che povera non è, ma ricca di una tradizione costruttiva che deve essere salvaguardata.
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