Il cuore di Elena Pezzetta governa la sua arte.
La sua fotografia racconta della solitudine, dell’amore e dell’incontro con se stessi. Conoscersi: è questo il punto d’arrivo della ricerca di Elena. Conoscere se stessi e sentirsi parte di un mondo che è dentro e fuori noi.
Struggente e consapevole, ci presenta il suo mondo attraverso la sua fotografia. Un universo nuovo, personale, che affascina e tocca l’anima.
Elena Pezzetta arriva alla sua maturazione artistica da autodidatta. Studia presso l’Accademia delle Belle Arti di Bari. Nell’ottobre 2013 partecipa al primo concorso fotografico, “Il coraggio delle donne”, organizzato dalla Lilt, arrivando tra i 10 finalisti. A gennaio 2014, è vincitrice del concorso fotografico nazionale “Serendìpia”, partecipando all’omonima mostra a Venezia. A giugno 2014, vince il premio Miglior Fotografia 2014 al concorso fotografico “TuttoMondo Contest 2014”, organizzato in collaborazione con Save the Children e la cui premiazione si è tenuta al MAXXI. Alcune sue fotografie sono state esposte il 24 agosto allo Spazio Matta (Pescara), in occasione di un evento organizzato da Il Varco.
Chi è Elena Pezzetta?
E’ una persona solitaria, curiosa, amante delle avventure, del viaggio e della natura. Instancabile e inquieta.
Cosa non dovrebbe essere per te la fotografia?
Come tutta l’arte, non dovrebbe essere pura imitazione della realtà. L’arte deve evocare e non ritrarre. Fare arte vuol dire sanguinare; se l’opera non è intrisa dell’essenza dell’artista, è puro mezzo e non fine.
C’è un filone comunicativo comune a tutti i tuoi scatti?
Quel che rappresento sono frammenti a sé stanti, unici e irripetibili. Voglio rappresentare l’eterna lotta tra luce e oscurità, male e bene. Voglio risvegliare luoghi consci e inconsci dell’individuo, ammaliare, investire tutto di nuova luce. Vorrei che si arrivasse ad avere una giusta percezione di sé, che si capisse che tutto ciò che si cerca all’esterno è, in realtà, già dentro di noi; che non ci si deve cristallizzare in una sola qualsivoglia forma e che, come rettili, cambiamo pelle.
La figura femminile e la natura sono due componenti onnipresenti nei tuoi lavori. Quale rapporto intercorre fra questi due mondi?
Non considero il corpo come un oggetto freddo e privo di vita ed inoltre, la bellezza che ricerco ed esprimo, per me deve avere delle caratteristiche imprescindibili come la grazia, la leggerezza e la fermezza d’animo che traspaiono dalle movenze e dagli sguardi e sono contenute in una visione trascendentale. Credo sia più difficile far emergere queste caratteristiche nell’uomo, per motivi indipendenti dal soggetto ed influenze più o meno ben radicate in noi, fin dalla nascita. Voglio che il corpo sia libero, ed associarlo o immergerlo nella natura simboleggia un ritorno alle origini, significa considerarlo nuovamente un’entità connessa con la mente e lo spirito.
Nei tuoi scatti c’è la sublimazione di uno stato d’animo. Quale?
Credo sia lo stato d’animo che prefigura sia il preludio che l’apocalisse. La distruzione e la ricostruzione, il raccoglimento e l’apertura ad un nuovo stato dell’essere.
La tua fotografia è una fotografia in movimento. Questa tua predilezione da dove deriva?
Deriva dal fatto che convivono in me prepotenti contrasti e contraddizioni. Dalla consapevolezza che tutto scorre ed è in movimento e così dev’essere; che solo l’impressione, la percezione contano. Che ciò che si cristallizza in una forma muore, e delineare e definire non è necessario.
La tua ricerca artistica dove affonda le sue origini?
Nella propriocezione, nell’autocoscienza, nella solitudine che da sempre mi accompagna e che è da intendere come solidarietà con la mia anima. Ho creduto a lungo di aver cambiato forma molte volte, di aver attraversato trasformazioni interiori che nessuno sa, e che nessuno può vedermi da dove mi vedo io. Crescendo, ho realizzato che, in realtà, la conoscenza di sé è sopravvalutata; ci si può intuire, pensare, percepire, ma credo sia necessario restare in parte sconosciuti a se stessi. Comunque, esplorando e scavando dentro me stessa, ho imparato anche a sapermi guardare intorno, giungendo alla consapevolezza di essere una piccolissima parte di una totalità sfuggente e che l’anima si dissolve nell’intorno.
Il tuo prossimo progetto?
Ho in mente un po’ di progetti fotografici; ci saranno autoscatti volti ad esplorare alcuni temi sociologici e delle serie che tenderanno al surreale, da realizzare in luoghi a me molto cari.