Esiste una città che non ha bisogno di architetti né di negozi, una città che vive solo una settimana all’anno, scomparendo e nascendo nuova ogni anno dal 1991 nel mezzo del deserto del Nevada: Black Rock City. La città temporanea nasce da Burning Man, un festival di otto giorni nel Black Rock Desert, a 150 km dalla città più vicina: al contrario di altri festival simili per dimensioni e attrattiva, Burning Man non propone un programma di grandi nomi, anzi a dirla tutta le celebrità sono del tutto assenti. Ciò che rende unico questo esperimento di comunità infatti, è la completa autogestione e radicale espressione di sé, svincolata da ogni regola e organizzazione.
Scenario a metà strada tra una scenografia felliniana, un laboratorio artigianale e una Woodstock creativa, il festival viene presentato come ‘a culture of possibility. A network of dreamers and doers‘. Di fatto la portata dell’evento contribuisce a renderlo una vera e propria utopia in movimento: una città per 68000 persone che nasce e scompare in una settimana in un contesto ostile come quello del deserto del Nevada, senza possibilità di connessione telefonica, esposto a temperature proibitive di giorno come di notte e a continue tempeste di sabbia, da cui la città riemerge ogni volta trasformata e un giorno scompare.
Componente comunitaria e spirito creativo sono gli elementi su cui si basa questa bizzarra alchimia, da cui nascono esibizioni, mostre, workshop, sculture, installazioni rigorosamente proposte dai partecipanti, alloggiati in quel campeggio a scala colossale che è la Black Rock City, in cui si può contare solo su cibo, acqua ed elettricità proprie. Inno all’autoaffermazione e alla fiducia nella cooperazione, allo sforzo comunitario e al senso civico, all’immediatezza e alla partecipazione, l’unica forma di passaggio di proprietà sono il dono e il baratto, ad eccezione degli unici beni in vendita: ghiaccio e caffè. Potente ed effimero, il principio del leaving no trace invece è rappresentato dall’atto dell’ultima sera, in cui un colossale fantoccio di legno viene bruciato nell’epica celebrazione finale, da cui il nome del festival.
Gioiosa, ottimista e sorprendente utopia, Burning Man è un gioco estremamente ingombrante e un inno alla libera creatività, alla gratuità e alla radicale partecipazione e autoregolazione, che scompare e riappare ogni anno, dal vento del deserto.