Ci capita sempre più spesso di imbatterci in personalità interessanti e coraggiose, giovani che iniziano da esperienze nel proprio settore di formazione per costruire la propria realtà lontani dalla città natia, armati solo delle esperienze raccolte.
Ci capita ancora più spesso di conoscere persone che, partendo da una settore creativo, scelgono di seguire le proprie inclinazioni in un campo più o meno affine.
Noi stessi crediamo fortemente nella contaminazione tra diversi ambiti di progettazione e nel risultato derivante dalla commistione tra questi.
Questa è la storia di NAB Studio e del suo fondatore Nicolas Abdelkader, designer francese che parte alla volta di Bruxelles con un bagaglio pieno zeppo di esperienze maturate in studi di architettura e di idee nate giocando da bambino con i mattoncini Lego nel salotto di casa sua.
Ti formi come progettista in architettura. Quando hai iniziato ad interessarti al product design?
Penso di essere sempre stato interessato al product design e questa inclinazione si è presto trasformata in una concreta intenzione, in ricerca concettuale, nell’ambito dei concorsi di design. Da lì tutto è venuto in modo molto veloce. Nel 2013 stavo lavorando alla coffee table LEA e al tavolino FROG con lo scopo di realizzarne dei prototipi.
Nel 2014 ho realizzato i primi pezzi. Quello che inizialmente è cominciato come un hobby è diventato ora un solido studio di progettazione con linee guida più accurate essenzialmente focalizzate sul furniture design. Così è nato NAB, in modo molto naturale ed intuitivo.
Secondo te quali sono i punti in comune tra design e architettura?
Trovo interessante questo parallelo tra i due ambiti. Certamente la scala di progetto è differente, ma lo scopo resta lo stesso in entrambe le discipline: costruire per persone, influenzare direttamente o indirettamente la loro quotidianità, la loro relazione con lo spazio. Da un punto di vista tecnico e per quanto riguarda l’approccio al progetto, ci sono molte similitudini: creare strutture, ricercare materiali, studiare i dettagli e poi determinare come il tutto può funzionare in relazione alla durata nel tempo. Sviluppare un progetto architettonico, pubblico o privato, non è molto diverso dal disegnare un tavolo da caffè o una sedia. Solo la scala cambia, ma lo scopo resta lo stesso: contestualizzare, catturare l’idea e darle forma.
Hai lavorato per diversi studi di architettura a Parigi e Lione prima di fondare il tuo studio. Pensi che lavorare come parte di un team possa essere stimolante quanto lavorare per conto proprio?
NAB ha cominciato a svilupparsi parallelamente ai miei lavori nelle agenzie. È stato arduo ma è un equilibrio che ho trovato e di cui avevo bisogno. Ho sempre lavorato come parte di un team, mi piace molto l’energia e l’effervescenza che puoi trovare in uno studio, il ricco scambio di idee sui diversi progetti che è all’ordine del giorno.
Naturalmente, tutto questo è stato di grande ispirazione e mi ha influenzato molto nel tirare su la struttura di NAB. Sviluppare i miei progetti mi offre una grande libertà creativa, più intima, e mi dà la possibilità di creare contatti umani più genuini in relazione alla professione di designer.
Come mai hai deciso di stabilire la sede del tuo studio a Bruxelles? Perché proprio lì?
Per me l’ambiente di lavoro è il fattore a cui attribuisco più importanza. Bruxelles non è solo una città creativa e ricreativa, multiculturale e centrale a causa della sua posizione geografica, ma è anche una città aperta all’arte, che sia nel campo della musica, dell’architettura o della moda. Questa diversità fiorente crea un cocktail di grande ispirazione che mi dà la possibilità di soddisfare le mie curiosità quotidiane. Vivere a Bruxelles è stata anche una scelta di vita personale presa insieme alla mia partner che lavora nella moda.
Il processo creativo è spesso un rituale, con gli stessi passaggi eseguiti nello stesso ordine. Quali sono i tuoi step?
Diciamo che molto dipende dal tipo di progetto, ma in genere il mio processo creativo segue in linea di massima le stesse fasi.
Come primo passo ho bisogno di immaginare le cose, tracciare le mie idee nella mia mente prima di iniziare. Una volta che l’idea diventa chiara inizia un lavoro di forma, concetto e ricerca attraverso disegni, schizzi, 3D, mockups, ecc. Una volta approvati questi passaggi, consulto le compagnie con le quali lavoro per gli aggiustamenti tecnici così da poter avviare la manifattura. L’obiettivo è quello di prototipare e abbozzare le specifiche, stanziare un budget per la produzione seriale. In sintesi il “riscaldamento” resta spesso lo stesso, ma mi piace prendermi il mio tempo, prendere le distanze necessarie per avere una visione d’insieme delle cose. Sono piuttosto scrupoloso, il che implica un più lungo – ma necessario – tempo di sviluppo.
Il design si muove sempre di più nella direzione della sostenibilità e del riciclo. Qual è la tua posizione riguardo l’ecosostenibilità nel design?
Lo sviluppo ecologico e sostenibile sta diventando sempre più importanti anche nelle mie creazioni e do molta importanza ai pezzi prodotti localmente da compagnie locali e con materiali locali, rispettosi dell’ambiente (quando possibile). Come dice Pierre Rabhi: “Tra un mondo in declino e uno da costruire, c’è un intervallo che non dovrebbe essere rovinato dalla nostra inerzia”. Sono convinto che il futuro risieda in questo modo di pensare e di costruire. Nonostante ciò, la mia posizione è ancora troppo inattiva sotto questo aspetto, ma ci sto lavorando! Comunque sto pianificando – nell’immediato futuro – di sviluppare un progetto di una lampada da terra completamente ecosostenibile. Restate aggiornati…
Noi crediamo fortemente nella contaminazioni tra stili che viene fuori da collaborazioni costruttive. Se potessi scegliere di collaborare con un artista che opera in un altro settore, chi sarebbe e perché?
Trovo gratificante aprirmi ad altre discipline e molto interessante la condivisione reciproca di esperienze, sebbene siamo inclini a pensare in maniera più “settoriale”. Un’idea affascinante potrebbe essere quella di collaborare all’interno della struttura di un set pluridisciplinare che mixa street art, musica e – perché no – danza contemporanea in un unico progetto di urban design. Per fare qualche nome, apprezzo moltissimo Lek & Sowat e l’universo creativo di Javier Mariscal (di Mariscal Studio).
Nei tuoi progetti rendi possibile la coesistenza tra rigore e gioco, una combinazione inusuale. In che modo questi due aspetti possono incontrarsi in un pezzo di design?
Rigore e svago sono perfettamente compatibili nel mio modo di lavorare. Senza rigore non ci sarebbe qualità e senza divertimento non ci sarebbe piacere! Penso che entrambi questi aspetti debbano emergere dai miei progetti. In qualche modo, penso di essere sempre rimasto quel bambino che giocava ai Lego nel salotto di famiglia, ho sempre considerato quel gioco così mentalmente stimolante e lasciato che quella libertà mi desse modo di creare un design più vivace, più onesto forse.
Obiettivi futuri: cosa ti aspetti dai primi anni di NAB?
NAB è ancora agli inizi ed ha ancora molta strada da fare, ma il mio augurio è quello di trovare nell’imminente futuro la mia prima compagnia di produzione. Come diciamo da queste parti: “Come what may”…