Arte, moda e tecnologia hanno costituito il connubio perfetto per una carriera sorprendentemente brillante, quale quella di Ying Gao, designer di origine cinese.
Non solo designer, soprattutto ricercatrice, osservatrice, studiosa, mente attiva che fa del suo lavoro una sottile, implicita ma radicale critica al contesto sociale e urbano in cui verte il mondo. Stravolge il concetto di abbigliamento servendosi, non banalmente, della tecnologia. Suono, luce e movimento consentono l’interazione tra uomo e abito, che diviene quasi oggetto vivente grazie ai soli dispositivi elettronici, super organza, filo fotoluminescente e PVDF, polimero dalle caratteristiche chimiche performanti.
Per il progetto INCERTITUDES, in cui i due abiti prendono vita tramite la voce dello spettatore, Gao incita a soffermarsi sull’idea dell’incertezza generata dalla costante e fatidica paura di non trovarsi nel luogo giusto al momento giusto.
In (NO)WHERE NOW(HERE) la designer riflette e mette in discussione il concetto di presenza e assenza ispirandosi al saggio “Estetica della sparizione” di Paul Virilio (1979). Grazie alla sapientissima tecnologia eye-tracking integrata al tessuto in super organza, riesce ad animare i due abiti del progetto attraverso il solo sguardo umano.
“Utilizziamo un sistema di eye-tracking in modo che i vestiti si muovano quando un osservatore li fissa. Allo stesso modo, se si spengono le luci, questi si illuminano.”
PLAYTIME batte sul tema della metamorfosi traendo ispirazione dal film omonimo del regista Jacques Tati in cui il mondo dell’architettura supermoderna e l’ambiente urbano sono onnipresenti. Trasposto nel mondo della moda, Ying Gao invita il pubblico a considerare l’aspetto e la percezione degli oggetti.
Un celebre lavoro in cui è l’aria l’elemento rilevante è WALKING CITY dove emerge la reciprocità di respiri tra l’uomo e l’abito: se il primo soffia, l’altro, a modo suo, risponde gonfiandosi. Nylon e cotone si muovono agevolmente attraverso un dispositivo pneumatico collegato ad un sensore di movimento.
Indagando altri aspetti del lavoro di Ying Gao, di rilevanza è SCIENCE IS FICTION, una capsule collection ispirata al film “Science is fiction: 23 film” di Jean Painlevé sviluppata nella sala di attesa di un ignoto ospedale. I materiali utilizzati sono medici, rispettando così lo scopo dell’intera collezione ovvero quello di riflettere l’animo dei pazienti e gli spazi sterili e anonimi che caratterizzano quell’ambiente angusto.