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Artwort Architettura Il disegno come matrice – Intervista a Riccardo Miotto
  • Architettura
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Il disegno come matrice – Intervista a Riccardo Miotto

  • 25 Febbraio 2021
  • Tommaso Mauro

Nella catalessi e nella noia delle ore in lockdown, il lavoro di Riccardo Miotto ha letteralmente scombussolato la mia bacheca Instagram. Nell’universo che gravita intorno al pianeta “architettura” tutto sembra muoversi seguendo traiettorie estremamente precise: poi c’è qualcuno che salta subito all’occhio perché esce da queste traiettorie per disegnarsene di proprio pugno una tutta sua.
Nel mio “talent scouting” da divano mi sono lasciato trasportare dalle linee di Riccardo fino a scoprire che all’attività artistica riesce ad affiancare anche quella professionale con lo studio d’architettura trevigiano Clinicaurbana.

Drawing Venice, Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d'Arte Moderna – © Matteo de Mayda
Drawing Venice, Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna – © Matteo de Mayda

Ti confesso che mi ha colpito ed entusiasmato il fatto che riesci ad affiancare all’attività artistica quella professionale. Domanda per rompere il ghiaccio: quanto incide l’una sull’altra?
Il mio percorso è una linea a zig-zag, un modo di vivere più che un metodo di lavoro. Intendo le due attività come branche diverse della stessa cultura del progetto.

Credi che in questa realtà di ipertrofia burocratica, dove le architetture devono rispondere a parametri sempre più complessi e stringenti, ci sia ancora spazio per muoversi e vedere l’architettura come un’arte?
Un approccio critico allo standard è determinante per tradurre la complessità in unicità. Molti fattori problematici incidono sul processo progettuale: si tratta di organizzarli. Dal processo stesso emergono quindi delle possibilità, e ciò costituisce l’estetica dell’architettura contemporanea.

Parlando invece più strettamente del tuo lavoro, nel 2018 Spazio Solido ha ospitato la tua personale Out of Frame: da dove è partita questa tua ricerca e dove ti ha portato?
Il progetto è nato incrociando un’esperienza e un incontro. Lavorando ai disegni per il volume della mostra Italiana. L’Italia vista dalla moda 1971—2001 avevo conosciuto meglio le ricerche di Massimo Osti sul parka come involucro urbano. Uno dei suoi riferimenti era lo Zeltbahn 31, modello in dotazione alla Wehrmacht che poteva trasformarsi in tenda, lettiga, sacco. Nel frattempo mi ero imbattuto in un’illustrazione, un coprispalle femminile che avevo confuso per una tenda: un’apparizione inaspettata. Ho iniziato allora a disegnare questo dispositivo spaziale, sintesi dell’idea di montaggio e trasfigurazione. Non c’è tenda senza montaggio, e ogni tenda svanisce per riconfigurarsi in un altro oggetto. Ne è nata una serie di circa cinquanta disegni che fa parte dell’installazione Out of Frame, un grande piano nero in cui le figure fluttuano e si spezzano in più formati inducendo l’osservatore a stabilire delle relazioni. In seguito ho riguardato quei disegni anche attraverso alcuni ingrandimenti di scansioni a 1200 dpi, analizzando i segni di cui sono fatti. Questo ha condotto al mio lavoro attuale.

Out of Frame, Spazio Solido – © Matteo de Mayda
Out of Frame, Spazio Solido – © Matteo de Mayda
Out of Frame, Spazio Solido – © Matteo de Mayda
Out of Frame, Spazio Solido – © Matteo de Mayda
Out of Frame, Spazio Solido – © Matteo de Mayda
Out of Frame, Spazio Solido – © Matteo de Mayda
Out of Frame, Spazio Solido – © Matteo de Mayda
Out of Frame, Spazio Solido – © Matteo de Mayda

Ho visto che ultimamente ti stai concentrando su elaborati completamente diversi dai precedenti e la ricerca Spectrum sembra molto distante dai tuoi vecchi disegni. Come mai questo cambio di media?
In realtà non è un vero cambio di media e il disegno è più vicino di quanto sembri: si trova sul retro del foglio ed è la matrice che produce l’immagine sul fronte, impressa grazie a una stampa monotipo. La tecnica che ho messo a punto lavora sempre per sottrazione come i miei disegni. Vernice e supporto sono gli stessi. Compare una sorta di sindone del disegno, o radiografia. Da qui il titolo Spectrum, in inglese gamma, in latino spettro, fantasma, ma anche immagine. Emergono figure sconosciute, quasi casuali, ma generate dai segni noti che compongono il disegno.

Spectrum – © Valentino Nicola
Spectrum – © Valentino Nicola
Spectrum – © Valentino Nicola
Spectrum – © Valentino Nicola
Spectrum – © Valentino Nicola
Spectrum – © Valentino Nicola

Sul tuo sito parli delle tue ricerche dividendole in Lato A e Lato B: sono da interpretare più come un concept album in 33 giri dove un lato è la prosecuzione dell’altro o come i lati di un 45 giri dove troviamo due pezzi totalmente differenti?
Lato A e lato B si riferiscono proprio alla presenza del disegno-matrice sul verso e del suo spettro sul recto. Nella versione desktop del mio sito, la pagina home presenta due colonne in modalità scroll, rispettivamente i disegni di Out of Frame e vari formati della serie Spectrum, un’ideale lettura simultanea dei due lati in cui il visitatore può istituire liberamente dei raffronti. Si tratta dello stesso disco, Spectrum è la ghost track.

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Tommaso Mauro

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