Un’ipnotizzante ripetizione di linee e forme geometriche combinata alla vividezza dei colori, lascia lo spettatore incantato nell’osservare le opere in “Urban Architecture” della Newyorkese Amy Park.
Fotografie? No, acquerelli.
Sconvolgente.
La cura e la precisione con cui vengono riprodotti dettagli, spigoli e riflessi di palazzi e grattacieli è disorientante.
L’artista stessa afferma che per una come lei, che è cresciuta nel Midwest ma che ora vive a New York, la luce e il paesaggio della grande città hanno qualcosa di magico.
Ma la sua ispirazione non nasce solo dalla bellezza del panorama urbano, dal quale Amy ritaglia angoli di cristallizzata e astratta bellezza, che sembrano essere distanti anni luce dal caos delle strade della città.
Molti dei suoi quadri, anzi, in particolare la serie intitolata California Experimental Architecture, partono direttamente dalle fotografie di Julius Shulman, noto fotografo del ‘900, morto nel 2009 all’età di 98 anni, il quale non solo ha promosso il lavoro degli architetti modernisti, ma ha anche contribuito a far nascere l’idea di questa architettura come forma d’arte.
Ma se Shulman era riuscito a catturare nei suoi scatti la storia dell’architettura californiana, Amy, attraverso la brillantezza dei colori, dona nuova vita a quegli scatti tanto magistrali quanto conosciuti.
La cosa curiosa, però, è che la pittrice non lavora sul posto, talvolta non ha mai nemmeno visto da vicino gli edifici di cui dipinge. La sfida per lei è proprio partire dalla foto, e sebbene nel repertorio di Shulman siano presenti anche scatti a colori, la Park seleziona unicamente quelli in bianco e nero per utilizzare colori che provengono dai suoi ricordi e dalla sua fantasia.
L’amore per le architetture quasi scultoree è evidente e in particolare lo è il contrasto che queste vanno a creare con il cielo e con l’elemento naturale, che risulta essere più evanescente, meno definito, rispetto all’architettura stessa.
«Per qualche strana ragione ho la pazienza che richiedono 100 finestre per essere dipinte, ma non riesco a dipingere ogni singola foglia di una pianta!» racconta la pittrice.
L’architettura modernista ha degli elementi di astrazione che sono di forte interesse per Amy: la ripetizione, il colore, la forma e più in generale la composizione.
Nei suoi primi lavori, raccolti nella serie Urban Architecture, si è concentrata sul dettaglio dell’architettura, dando vita a lavori più astratti, scegliendo come soggetto, ad esempio, il primo piano di una facciata di un edificio enfatizzando il pattern creato dalle finestre e dai riflessi degli altri edifici in esse.
Invece, nei lavori che riproducono le fotografie di Shulman, resta su un’inquadratura un pò più ampia.
Amy dà comunque un suo particolare taglio agli scatti del fotografo americano, ma non un taglio netto così come farebbe con le sue foto.
La scelta delle foto di Shulman non è casuale: gli edifici che egli ha immortalato rimandano ad uno stato d’animo idilliaco, che ora è sfortunatamente mutato col tempo, sebbene quegli stessi edifici non lo siano affatto.
L’interpretazione che Amy riesce a dare della realtà nei suoi acquerelli, con un ampio mix di effetti di trasparenze e di colore, è tanto personale quanto riverente.
Osservando le sue opere si finisce per essere inevitabilmente vittime del loro potere magnetico. Continui ad avvicinarti, sempre più vicino, fino ad avere una visione nitida della singola pennellata che è scivolata nell’astratto della carta bianca, nella quale sono rimasti intrappolati pigmenti di colore.
Continui ad avvicinarti, alla ricerca di quel qualcosa che affascina e cattura l’attenzione: la bellezza scaturita dalla concentrazione, in un’unica opera, di architettura, fotografia e pittura.
Focus su Amy Park: 1200′ – Amy Park // New York vista dall’alto