Ci sono opere del passato, certe chiese, certi palazzi, che oggi sono utilizzate in modo diverso, sono sopravvissute pur cambiando la loro funzione: ancora oggi le usiamo, le frequentiamo. Questo succede perché ciò che è rimasto non è l’utilità che avevano all’epoca, ma è la bellezza; la bellezza e la poesia sono sopravvissute al tempo.
Oscar Niemeyer
Bellezza e Brutalismo sono sopravvissuti nella chiesa di St. Agnes, a Berlino: dopo anni di silenzioso degrado questo luogo sacro diventa una galleria d’arte. Berlino Ovest, 1964. L’architetto urbanista Werner Düttmann, allora direttore edilizio della città, firma l’importante progetto di riqualificazione urbana per ridisegnare il volto di alcune zone cittadine dopo la distruzione della seconda guerra mondiale. Ridare vita alla città significava creare luoghi di aggregazione in cui la comunità potesse ritrovare se stessa e ristabilire un ordine anche spirituale. Nasce allora St. Agnes, nel quartiere Kreuzberg di Berlino, e nasce con il volto di una società ammalorata, sconfitta, svestita dei suoi principî e valori.
Figlia della corrente del Brutalismo, la chiesa rispecchia i canoni del movimento e lo spirito del tempo. Dall’esterno si presenta come un volume grigio; a fianco svetta lineare il campanile con un insolito cappello cubico bianco, la cui linea di sospensione è l’unico vezzo concesso. All’interno, la navata centrale è protagonista dell’intera composizione innalzandosi con le alte pareti fino alla copertura filtrata da una leggera struttura lignea. Strumento di distribuzione e di sostegno sono le due file di pilastri ai lati, moderno retaggio del tradizionale colonnato tra navate. Tutto è in calcestruzzo a vista ad eccezione dei due piani orizzontali: la pavimentazione in cotto e il solaio in legno che fanno vivere di un colore più caldo l’intera architettura. Tre esili scalini distinguono la navata dall’abside, sul cui fondo si nasconde un taglio verticale, sorgente misteriosa della luce diffusa.
Materializzazione di un mondo devastato, l’architettura si spoglia e, come donna, mostra la sua nuda pelle, il cemento vibrante, sensibile al tempo ma forte difesa dell’anima. La luce è mistica e accarezza delicatamente le superfici, rivelando il vigore dell’essenziale matericità del béton brut, il cemento grezzo da cui deriva il nome del movimento. Pochi gli elementi, umile e sincera la manifestazione della storia che permea le superfici, bella è l’architettura. E come ricordano le parole dell’architetto Oscar Neyemeier, qui bellezza e poesia sono sopravvissute al tempo. La bellezza della verità e il Brutalismo del cemento si sposano in unica poesia dai suoni discordanti, recitata a chiare lettere da chi, innamorato a prima vista, decide nel 2015 di farne un centro culturale ed artistico.
Johann König e sua moglie Lena, inizialmente alla ricerca di una residenza privata tra le architetture berlinesi inusuali, scorgono in questa chiesa, da tempo trascurata, lo spazio e l’atmosfera per una galleria d’arte, perfetta per ridare vita allo spirito sociale per cui è nata. In conformità alle rigorose norme per la conservazione degli edifici storici e in linea con gli obiettivi della Carta di Venezia, il ruolo “socialmente utile” si diffonde in tutto il complesso che oggi ospita non solo una galleria ma anche un istituto scolastico, un piccolo editore di libri d’arte, una rivista di cultura, residenze d’artista e un caffè, mentre i König hanno ricavato una piccola residenza nell’ex canonica.
L’edificio è illuminato dall’alto, e creato per essere grezzo e crudo all’esterno ma morbido e luminoso al suo interno, ideale per mostrare l’arte.
spiega König.
Da sacra a profana, oggi St. Agnes è custode di una duplice bellezza, architettonica ed artistica, resa possibile grazie all’architetto tedesco Arno Brandlhuber, il cui progetto ha vinto il secondo posto del DETAIL Prize 2016. L’ intervento è riassumibile in unico e raffinato gesto: una sottile piastra in cemento adagiata su esili pilastri quadrangolari a seriale ripetizione dei pilastri originari.
La trasformazione è delicata ma sostanziale: l’introduzione del nuovo elemento, custode di tutti gli impianti, non tocca l’architettura originaria ma si appropria della navata principale per suddividere l’ambiente in due livelli, il primo, da cui si aveva l’accesso originario e alto quasi 10 metri, destinato alle funzioni di servizio, il secondo, più alto e solenne, si veste da grande sala espositiva. Muta la percezione spaziale originaria a favore di un sistema distributivo più idoneo alle nuove esigenze, ma non muta l’emotività dell’archittetura. Il Brutalismo viene nuovamente rivendicato nell’utilizzo del cemento e nella semplicità dell’intervento, in linea con gli stilemi di un’architettura di pura e semplice bellezza.
Prima sua rappresentante è stata l’artista Katharina Grosse che ha inaugurato la galleria nel maggio 2015. Si sono succeduti nella sala principale di KÖNIG GALERIE, Camille Henrot, Nathan Hylden, Trouvé e altri. Oggi gli spazi sono occupati dalle opere di Tacita Dean, Elmgreen & Dragset, Pepe Espaliú, Martin Kippenberger, Kris Martin, Ron Mueck, Aidan Salakhova, Andres Serrano, Santiago Sierra, Young-Jun Tak, Nasan Tur, Mark Wallinger per la mostra The Others curata da Elmgreen & Dragset.
Contenuto e contenitore, arte e architettura dialogano e sono attori della stessa scena. Qui l’architettura è monumento della storia ed essa stessa opera d’arte. Ma l’essenza povera, scarna, scevra da qualsiasi ornamento, la rende perfetta e rispettosamente idonea ad ospitare un contenuto artistico. Nel passato nuda, la chiesa si veste nel presente di grandi e luminose tele. Due arti, due storie, passato e presente, Modernismo e arte contemporanea si incontrano in un dialogo invaso dalla stessa luce, candida e morbida, che ha generato e continua a generare bellezza nella casa del Brutalismo.