L’installazione Many Small Cubes è la prima opera parigina dell’architetto giapponese Sou Fujimoto, realizzata in occasione del FIAC, fiera internazionale di arte contemporanea che coinvolge galleristi e interventi creativi nei Giardini delle Tuileries nell’ambito del progetto ‘Small nomad house’ della Galerie Philippe Gravier.
Suggestione per una casa nomade ed effettivamente smontabile e provvisoria, questo piccolo prototipo si sviluppa a partire da un nucleo ‘abitativo’ centrale, delimitato in modo incerto da una parete frastagliata interrotta da due accessi, che diventa copertura e arredo al tempo stesso, andando a configurare nuove potenzialità di sviluppo per l’abitare. È la ‘cave’, la caverna teorizzata nel suo Primitive Future come archetipo di spazio opposto al nido, non adattata sull’uomo ma a cui l’uomo si adatta, in cui gli spazi non sono costruiti specificatamente per delle funzioni ma, appunto per questo, lasciano aperti spiragli e possibilità inaspettate, in un ambiente fluido e quasi ludico.
“Le masse fluttuanti di Many Small Cubes creano una nuova esperienza di spazio, un ritmo di ombre tremolanti e luci come il sole che filtra attraverso gli alberi rigogliosi”
Sou Fujimoto
Come in altre sue opere, l’esperienza diretta dello spazio è una componente fondamentale: si può dire che architetture come questa o come il Serpentine Gallery Pavillion e il Krumbach Bus Stop appaiano diverse da ogni punto di vista, in ogni momento e per ogni spettatore, e la rappresentazione fotografica difetta nel trasmettere la molteplicità di questi spazi complessi, e quindi prepotentemente contemporanei. Abituati agli edifici-oggetto che pongono le basi per la loro riconoscibilità su forme innovative ma identificabili e caratteristiche di un autore, Fujimoto sembra parlare un altro linguaggio, misterioso e proiettato nel futuro.
In Many Small Cubes tornano, rielaborati, molti temi caratteristici della sua ricerca: il rapporto sfumato tra interno ed esterno, la natura, il rapporto tra ordine e disordine e quello tra le singole parti che generano lo spazio da un infittirsi improvviso della maglia spaziale. Lo spazio si genera dalle relazioni e dai sensi di distanze, sembra coagularsi e convergere in una forma determinata ma aperta, che colonizza lo spazio con delicatezza, momento di concretezza effimera sospeso in bilico sulla superficie del terreno.
L’intervista integrale a Sou Fujimoto potete trovarla sul primo numero di AWM.
‘The floating masses of Many Small Cubes create a new experience of space, a rhythm of flickering shadows and lights like the sun filtering through leafy trees’
Sou Fujimoto
As in other Fujimoto’s projects before, the personal experience of space is an essential element: architectures like this one or like the Serpentine Gallery Pavillion and Krumbach Bus Stop look different from every point of view, in every moment and for each user, and photographic representation fails in transmitting the multiplicity of these complex spaces, for this reason highly contemporary. Used to the object-building which aim to be recognized by innovative, but recognizable and proper of a certain author, shapes, Fujimoto seems to speak another language, mysterious and pointed towards the future.
In Many Small Cubes we can find, reworked, many characteristic themes proper of his research: the soft relation between inside and outside, nature, the relation between order and disorder and the one between the different parts which shape space as a sudden increase of density inside the spatial tangle. Space is given by connections and senses of distance, seems to coagulate and converge in a determined but open form, which colonizes space gently, like a moment of evanescent concreteness suspended precariously on the surface of the ground.
The complete interview to Sou Fujimoto is available on AWM.
Translation: Marco Ferrari