Metti una domenica mattina in Caserma. Metti uno dei più grandi utopisti del verde europei, Gilles Clément. Così nasce “Passeggiata nel Terzo paesaggio”, tenutasi a Bari il 13 aprile, in uno scenario tipico da terzo paesaggio, la Caserma Rossani. Ex area militare occupata, da poco più di due mesi, da un movimento di rinascita, di rivalsa e di amore, per l’appunto “Ex caserma liberata”, per uno spazio ormai dimenticato da tutti i baresi, nato dalla voglia e dalla volontà di una parte di popolazione di restituire questo bene alla città. Quale posto migliore della Rossani, poteva accogliere il fautore del principio secondo cui la marginalità non è un demerito. Molte volte sinonimo di diversità motivo per cui, rappresenta il quid in più, tale da considerarla il futuro!
Clément, durante la passeggiata collettiva, ha suggerito più volte di assecondare la natura già presente, invitando dunque a divenire rispettosi della spontaneità del luogo stesso, osservando come spettatori attivi l’evolversi imprevedibile e lo stravolgimento che la natura ha del suo stesso progetto.
“Se non facciamo niente siamo più utili a tutti!”, è la pratica traduzione di uno dei punti cardine del suo manifesto: “Elevare l’improduttività fino a darle dignità politica” o ” le radici sollevano il pavimento: anche così respira l’albero. È successo anche in un asilo di Parigi, dove hanno ricoperto tutto con l’asfalto. Perché è pericoloso, hanno detto, i bambini si possono fare male. È la peggiore pedagogia: asfaltiamo perché la natura è pericolosa!” sono solo alcuni dei leitmotiv espressi ieri dal carismatico Gilles Clément.
Paesaggista, ingegnere, agronomo, entomologo ed infine giardiniere come ama definirsi, è autore di numerosi scritti tra i quali “Il giardiniere planetario”, “Giardino in movimento” e “Manifesto del terzo paesaggio” e progettista di numerosi parchi a Parigi come quello di Andrén Citroën e il parco del museo Quai Branly.
Bisognerebbe prima capire però cosa si intende per terzo paesaggio.
Nel suo libro c’è un rimando al “terzo stato (e non a Terzo mondo). Uno spazio che non esprime né il potere né la sottomissione al potere.” Questo tipo di paesaggio “friche” lo ritroviamo in presenza di “residui” aree un tempo sfruttate ed ora abbandonate, che si prestano naturalmente e per vocazione a divenire rifugio per tutte le biodiversità, acquisendo notevole importanza. I friche, così come gli spazi abbandonati, custodendo in maniera quasi segreta e marginale la biodiversità diventano la forza del terzo paesaggio, tanto da conferirgli “il ruolo di matrice di un paesaggio globale in divenire”. In sostanza potremmo dire che proprio come affermava De Andrè “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”!
Questa teoria però, è da supporto ad altre riflessioni del paesaggista: il concetto di giardiniere planetario e di giardino in movimento.
Il giardiniere, in questa teoria è l’umanità, che ha il compito di preservare la diversità, come garanzia per il futuro. Stravolge il classico concetto di garten progettato dall’alto, parlando piuttosto di incolto addomesticato, che subisce imprevedibili variazioni, trattasi di giardino in movimento.
Le riflessioni di Clément sono sempre legate alla natura, motivo per cui anche quest’ultimo concetto è riferito al ciclo biologico della vegetazione e non al movimento dell’osservatore.
Nei suoi scritti e nel suo operato si evince il politically correct nei confronti della natura che è protagonista dei suoi interventi, non l’ego o la firma di chi la progetta secondo un disegno prestabilito.
Questa è l’innovazione del pensiero del giardiniere planetario, soprattutto ha finalmente dedicato attenzione a spazi di margine che vengono molto spesso ignorati, considerando la terra il più grande giardino di cui ciascuno è responsabile.