Siamo stati alla mostra SUPERSUPERSTUDIO al PAC di Milano ed è stata non bella, di più.
L’allestimento nello spazio espositivo pone l’attenzione sui progetti più importanti del collettivo fiorentino che ha influenzato il modo di pensare e di progettare di grandi architetti e designer contemporanei. Installazioni, pezzi iconici di design e spezzoni di film ricostruiscono la storia dell’architettura radicale e del radical design.
Nel cuore dell’esposizione i pezzi originali entrano in dialogo con le opere di 21 artisti contemporanei che nel terreno di questa avanguardia affondano le radici della propria ricerca.
Della mostra SUPERSUPERSTUDIO si è detto tanto, ma se voi non ci siete ancora stati, potete farlo fino al 6 gennaio 2016.
Abbiamo deciso di approfondire la ricerca dell’architettura radicale di Superstudio nel nuovo numero del nostro magazine AWM e vogliamo lasciarvi con dei passaggi estratti dal testo di Emiliano Zandri:
A metà degli anni ’60 l’aria di cambiamento, del boom economico e dell’inizio del consumismo a sfavore della civiltà rurale, produce un fermento artistico-architettonico testimoniato da collage di foto ed immagini e dalla sperimentazione di idee pop e surrealiste che potessero rivolgersi ad un ambiente professionale totale.
La conferma di questo processo arriva da Londra con i coloratissimi collages dello studio Archigram che davano il via ad un’architettura “commerciale”.
A Firenze nel 1966 inizia a sorgere, annaffiata dalla acqua esondata dell’Arno, un corrente d’Architettura che venne poi definita Radicale. In realtà la genesi storica, vista l’alluvione, è da attribuire alla città di Pistoia, in occasione della Mostra inaugurata il 4 Dicembre 1966, “Superarchitettura”. Ad esporre gran parte delle opere c’era il collettivo Superstudio.
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Il “Monumento Continuo” era pieno di progetti che volevano essere nient’altro che questo: manifesti in cui testi ed immagini portavano avanti un assunto, metafore ed allegorie. Non erano utopie positive, ma un tentativo di messa in guardia rispetto ai risultati prodotti dalla tecnologia usata come divinità da una parte e il monumentalismo forzato dall’altra.
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Che cosa c’era dentro le loro architetture? Come si viveva dentro il “Momunento continuo”?
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Oggi alcuni dei lavori di Superstudio sono esposti nei Musei, ma la gran parte di immagini e di collage è andata dispersa, persa per strada, andata in qualche mostra e non più tornata.
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Vent’anni e lo Studio si sciolse, quello che c’era da dire l’avevano detto forte e chiaro. L’avanguardia del resto è come una malattia esantematica: sono robe che vanno fatte da piccoletti, a farle da grandi va a finir male.