Lo spazio sferico, o meglio semisferico, in architettura ha sempre avuto grande importanza. Il cerchio e la sfera hanno generato nel corso della storia spazi di notevole bellezza: la sfera è il solido perfetto, simmetricamente uguale da qualsiasi punto di vista lo si guardi, un simbolo di integrità ideale a cui una parte dell’umanità continuamente aspira. Un modello generatore di perfezione.
Ma che senso ha parlare di spazio sferico e di cupole al giorno d’oggi? Nessuno, guardando la questione un po’ distrattamente. Madre Natura però ci viene in soccorso e, osservando attentamente ciò che ha generato con le sue immutabili leggi, possiamo notare che lo spazio sferico non è mai passato di moda, anzi. Sferici (o quasi) sono i pianeti, le stelle. Sferici, se li guardiamo al microscopio, sono alcuni pollini oppure alcuni protozoi dallo scheletro siliceo, i radiolari. Pare che la natura abbia destinato a questi suoi minuscoli figli, proprio la struttura sferica per difenderli in un mondo infinitamente più grande e forte di loro.
Lo spazio cupolato ha avuto un ruolo di prim’ordine nel definire la magnificenza di architetture come quella islamica o rinascimentale. Non sempre queste cupole erano perfettamente sferiche, sebbene fossero circolari in pianta, per ragioni costruttive e statiche erano deformate in sezione. Con l’architettura barocca però lo spazio cupolato circolare si deforma, diventa ellittico, ovale. Oggi diremmo che la cupola subisce una deformazione topologica, branca della geometria al tempo ancora sconosciuta. Tale tendenza compositiva ispirerà alcuni tra i capolavori di Brunelleschi e Borromini, come la cupola della Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale per il primo e la Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane per il secondo. Un altro momento importante per lo spazio sferico, seppur solo dal punto di vista iconico e non costruttivo, è il ‘700, epoca dei progetti illuministi e visionari di Étienne-Louis Boullée e Claude-Nicolas Ledoux. Uno su tutti, il progetto per il cenotafio di Newton, ascritto indelebilmente nel grande libro della storia dell’architettura; con esso Boullée immagina una enorme sfera di 150 metri di diametro, a rappresentare l’immensità dell’universo: «O Newton! Se con l’estensione dei tuoi lumi e il sublime tuo genio hai definito la figura della terra, io ho concepito il progetto di avvolgerti nella tua stessa scoperta».
Questo progetto è fondamentale per la nostra storia, perché anticipa ciò che l’uomo sarà in grado di realizzare – con altre forme e materiali – due secoli più tardi. È ciò che accade grazie al genio di Richard Buckminster Fuller. Le cupole geodetiche di Fuller, estremamente efficienti dal punto di vista geometrico e costruttivo, ricongiungono lungo la stessa via la geometria antichissima dei solidi platonici e la complessità del solido sferico. Il tutto viene risolto con rigore e intelligenza attraverso la standardizzazione dei componenti della struttura, pensata per essere montata con facilità anche da personale non specializzato e in condizioni climatiche difficili. Da quel momento la sperimentazione con le cupole geodetiche non si ferma più. Vengono adoperate per i più disparati scopi, comprese le abitazioni.
Tra le applicazioni contemporanee più interessanti l’opera The Eden Project del 2001 in Cornovaglia, di Nicholas Grimshaw and Partners, dove le cupole costruite in acciaio e materiale plastico sono funzionali a simulare il clima mediterraneo e tropicale, permettendo di creare le condizioni adatte alla vita di 100.000 piante provenienti da tutto il mondo. Sulla stessa scia, nel 2013, gli architetti Kristoffer Tejlgaard e Benny Jepsen realizzano in Danimarca Dome of vision‘, una cupola geodetica di dimensioni più piccole costruita con aste di legno e nodi in acciaio ed una copertura superiore traslucida realizzata in materiale plastico. In entrambi gli interventi le cupole geodetiche sono concepite come una sorta di volta celeste artificiale, in modo da isolare ciò che vi è all’interno dalle condizioni avverse del clima esterno.
Tuttavia è utile ricordare che le prime applicazioni pratiche delle cupole geodetiche si ebbero in ambito militare. Un esempio notevole e ormai perduto è testimoniato dalla cupola della Ballistic Missile Early Warning Station (BMEWS) a RAF Fylingdales nel North Yorkshire Moors, la cui storia è documentata nel libro Lost Buildings di Jonathan Glancey. La cupola era stata costruita per coprire un radar militare statunitense durante la Guerra Fredda. La particolarità della struttura, consiste nell’essere realizzata interamente con pannelli prefabbricati esagonali completamente opachi, giuntati tra loro.
Dobbiamo attendere più di 50 anni per ammirare un’opera costruita in modo simile, questa volta con pannelli in legno. Si tratta della Landesgartenschau Exhibition Hall, padiglione sperimentale frutto di una collaborazione tra ICD, ITKE e IIGS dell’Università di Stoccarda. In questo caso ci troviamo di fronte a due semicupole unite tra loro senza soluzione di continuità, costruite interamente da pannelli esagonali piani di legno dello spessore di 5 centimetri, fabbricati roboticamente, e avvitati tra loro in punti specifici. La solidità della struttura è facilitata dalla sagomatura dei pannelli stessi, attraverso il cosiddetto finger joint. L’intero progetto si è avvalso dell’uso dei più recenti software di modellazione parametrica.
Un capitolo a parte è rappresentato dalle cupole generate dal genio di Dante Bini, architetto contemporaneo visionario, inventore di un nuovo sistema costruttivo esportato in tutto il mondo, il Binishell. Consiste nella messa in opera di una sottile volta o cupola di calcestruzzo realizzata gonfiando gradualmente la cassaforma pneumatica sottostante. Dal piano al volume. Spesso le aperture vengono ricavate a posteriori, tagliando brutalmente il sottile strato di calcestruzzo dove è necessario. Celebre esempio, la casa costruita in Sardegna negli anni ’60 per il regista Michelangelo Antonioni e l’attrice Monica Vitti, in stato di completo abbandono da molti anni ormai.
Le strutture cupolate, simbolo per eccellenza dell’architettura sacra, sono quindi ormai diventate territorio di ricerca interessante, liberate dagli strascichi storicisti come era avvenuto nell’800 con la loro riproposizione durante il periodo neoclassico. Di seguito sono presentati quattro esempi completamente differenti tra loro per forma, dimensione e materiale, ma accumunati dallo stesso spirito sperimentale. Il primo esempio è la Bin Jassim Dome, costruita in Qatar nel 2012 dal compagnon du Devoir Luc Tamborero, su progetto di Giuseppe Fallacara. Si tratta di una cupola geodetica, costruita con conci prismatici reciproci in pietra, fabbricati attraverso macchine CNC dalla società francese SNBR. Nello stesso anno viene realizzata la seconda versione della Roskilde Dome, su progetto di Kristoffer Tejlgaard e Henrik Almegaard, un padiglione temporaneo costruito con pannelli prefabbricati in legno tagliati con macchine a controllo numerico e assemblate sul posto per semplice avvitamento. La geometria della struttura è basata sulla geometria della molecola del carbonio 240. Gli ultimi due esempi, pur differenti, sono accumunati dalla volontà di rendere la struttura eterea ed evanescente. Light of Shodoshima è un installazione dell’artista Taiwanese Wen-Chih Wang, per la Setouchi Triennale del 2013. Essa è stata realizzatata con 5000 piante di bambù intrecciate tra loro in una intricata trama dal quale filtrava la luce naturale in modo molto suggestivo. Purtroppo la struttura non è più visitabile, perché il bambù non opportunamente trattato deperisce facilmente.
Infinitamente più complessa da realizzare è la cupola del Louvre di Abu Dhabi, progettata da Jean Nouvel, che ha visto la posa dell’ultimo pezzo della complessa maglia strutturale verso la fine del 2015, ispirato dalla trama dell’intreccio delle foglie di palma, tradizionalmente utilizzate come materiale di copertura negli Emirati Arabi . Le aperture permetteranno di controllare la luce e la temperatura all’interno, facendo permeare i raggi luminosi come quelli che penetrano tra i rami di una foresta. Il complesso puzzle ha richiesto più 30 milioni di ore di lavoro per la fabbricazione e 424 giorni per il montaggio. È indubbio che questa cupola dal profilo molto ribassato rappresenti una delle più complesse cupole mai concepite e realizzate dall’uomo.
Il futuro degli spazi cupolati quindi è ben lontano da un effettivo tramonto. La sfera non ha ancora perso la sua carica iconica e mistica, il suo generarsi idealmente seguendo il movimento leggero di un dito che disegna un cerchio nell’aria.