Seona Reid Building, The Glasgow School of Art (2009 – 2014)
Steven Holl Architects
Edifici e città sono strumenti e musei del tempo. Ci permettono di vedere e capire lo scorrere della storia, rendendoci partecipi dei cicli del tempo che trascendono la vita individuale. Juhani Pallasmaa, nel capitolo “Silenzio, tempo e solitudine” del suo saggio “Gli Occhi Della Pelle”, ci invita a riflettere su come le trasformazioni urbane esprimano il senso dell’essere e ci permettano di percepire il lento e terapeutico flusso del tempo.
Il vecchio edificio della Glasgow School of Art, progettato da Charles Rennie Mackintosh e costruito in due fasi tra il 1896 e il 1909, resta ancora oggi una delle istituzioni accademiche più rinomate e all’avanguardia della Gran Bretagna. Figlio della tradizione scozzese e delle architetture di Voysey e Shaw, l’edificio si presenta come una massa muraria rettangolare semplice e orizzontale alleggerita da grandi finestre industriali, in ferro e vetro, alternate a pilastri in muratura, che creano un raffinato gioco tra simmetria e asimmetria, tra opacità e trasparenza.
E’ proprio di fronte il lungo prospetto nord che sorge il Reid Building, il nuovo edificio della Glasgow School of Art, progettato da Steven Holl Architects in collaborazione con JM Architects e Arup Engineering, che prende il nome dell’ex direttore Dame Seona Reid. Il nuovo tassello urbano si propone di forgiare una relazione simbiotica con la drammatica massa muraria in granito grigio locale, nella quale ogni struttura esalta le qualità dell’altra.
L’edificio è avvolto in una pelle ghiacciata di calcestruzzo e vetro traslucido riciclato che dona alla struttura un effetto scultoreo e permette un ingente ingresso di luce naturale; sostituisce ideologicamente la Newbery Tower, prende fisicamente il posto del Foulis Building su Renfrew Street e abbraccia il corpo a tre piani dell’Assembly, che ospita il sindacato studentesco della scuola. Lungo il prospetto sud, alla stessa altezza dei laboratori del Mackintosh Building, si apre una terrazza verde che diventa luogo di socializzazione aperto sulla città. L’acqua di un piccolo stagno tra la vegetazione arricchisce l’esperienza architettonica e crea suggestivi giochi di luce.
La luce, in tutte le sue modulazioni, è la vera essenza del progetto: tre grandi strutture cave permettono l’ingresso di luce naturale dall’alto fino ai piani seminterrati. Questa soluzione, che prende le mosse dalla manipolazione di Mackintosh della sezione dell’edificio, oltre a favorire una migliore modulazione spaziale risolve il problema della ventilazione naturale, eliminando la necessità di aria condizionata.
Gli ambienti interni trovano la loro collocazione non solo ai fini di ottimizzare le relazioni interdipendenti ma anche – e soprattutto – in base alle diverse necessità di luce naturale. Alla base dell’edificio, lungo il lato nord, trovano spazio laboratori e aule studio, per sfruttare la luce indiretta congeniale agli artisti. Spazi come la mensa e gli uffici, invece, si trovano sulla facciata sud, dove l’accesso di luce solare può essere regolato con sistemi di ombreggiamento.
Le relazioni all’interno del sistema vengono assicurate da un circuito di collegamento che tiene uniti tutti gli spazi principali: hall, sale espositive, sale per seminari, sale studio, laboratori e terrazze verdi per incontri informali e mostre. L’interno in calcestruzzo è stato intonacato bianco per catturare e riflettere l’abbondanza di luce naturale.