Dal 22 al 26 gennaio la realtà ferrarese MLB Maria Livia Brunelli home gallery parteciperà ad Arte Fiera a Bologna con un progetto curatoriale sulla perdita d’identità che coinvolgerà i fotografi Silvia Camporesi, Mustafa Sabbagh e Stefano Scheda.
MLB è una realtà ben conosciuta nel panorama culturale cittadino e non solo: una “galleria relazionale” (come viene definita), un appartamento in cui gli spazi espositivi si intersecano e si confondono con gli ambienti domestici dei proprietari. L’atmosfera intima e familiare invita il visitatore ad un’esperienza a tu per tu con le opere d’arte favorita anche alla disponibilità dei proprietari-curatori, che non mancano di farsi da guida nei pochi metri quadri sfruttati per accogliere anche una collezione permanente, in corridoio e camera da letto. A far da contorno, corso Ercole I d’Este, arteria delle dimore nobiliari dai tempi di Ariosto e Tasso, ambientazione cardine de “Il Giardino dei Finzi-Contini” e ospite del museo Palazzo dei Diamanti, col quale la galleria spesso collabora accogliendo esposizioni contemporanee che si ricollegano ai temi delle più importanti mostre organizzate dal museo.
Nello stand B 98, Padiglione 25, la concept gallery allestisce uno spazio che cerca di riproporre la stessa domesticità propria dei suoi spazi. Se l’anno scorso lo stand curato da MLB ottenne un discreto successo grazie ad un’istallazione costituita da 300 mila monetine da un centesimo, metafora dei fondi per il terremoto in Emilia che faticano ad arrivare a destinazione, quest’anno viene riproposto un altro tappeto calpestabile, ma stavolta realizzato con della vera erba: trasferendoci in senso lato dall’appartamento al giardino, questo manto erboso terrà assieme le immagini dei tre fotografi, rappresentanti ciascuno una diverso aspetto della perdita d’identità: quella dell’uomo (Mustafa Sabbagh), dei luoghi (Silvia Camporesi), del mondo animale (Stefano Scheda).
Mustafa Sabbagh porta in scena i suoi corpi vestiti di nero, “Nero come la sfida tecnica cui mi sottopongo nel conferire multidimensionalità al colore non-colore“. La maschera, altro leitmotiv presente in numerose fotografie dell’artista, copre il volto dei personaggi, rendendoli non-identificabili, ma al tempo stesso li lascia liberi di esprimersi senza vergogna, accompagnandoli nella ricerca di quell’identità perduta o da loro stessi occultata.
Silvia Camporesi espone invece estratti del suo progetto Atlas Italiae, una mappatura di edifici storici abbandonati in Italia. Prima artista che sia riuscita ad ottenerne permesso di accesso, le foto dell’ex-carcere-fortezza dell’isola di Pianosa raccontano, attraverso letti, stoviglie, libri appartenuti ai detenuti, il silenzio di una quotidianità interrotta. Lo smarrimento esistenziale degli edifici è messo in evidenza anche grazie all’utilizzo di tecniche particolari, come l’operazione di tagli e pieghe sulla carta fotografica o la restituzione a mano di colore a immagini in bianco e nero utilizzando matite.”Un progetto che mi sta facendo vivere le avventure più impensate – racconta Silvia -, perché la scoperta di questi luoghi avviene attraverso una rete di contatti segreta, che si avvale dell’aiuto dei social network”.
Stefano Scheda in Milk Free decontestualizza una pelle di mucca riposizionandole nel loro habitat contestuale: il verde prato del pascolo. Le foto cercano di traùsmettere lo stupore che apparentemente avrebbero provato le mucche nell’approcciarsi alla pelle di un simile: “Le mucche al pascolo sembravano capire cosa significassero le pelli di mucca stese di fianco a loro: è stato un momento molto forte”. Se le immagini esprimono dunque un’identità in quanto percepita dall’interno, il titolo della seria allude invece a un’identità come percepita dall’esterno: nell’immaginario collettivo la mucca è associata al produrre latte, stereotipo dal quale non può liberarsi finché non sarà “milk-free”, morta.