Simbolo del rilancio contemporaneo di Lisbona, il MAAT – Museo di Arte, Architettura e Tecnologia – ha già registrato 550 mila visitatori nel suo primo anno di vita integrandosi (e distinguendosi, con sinuoso architettonico distacco) con la ex Centrale termoelettrica Tejo del primo Novecento.
Il progetto è inserito all’interno dell’ampia rigenerazione urbana del prezioso quartiere Belèm, celebre per l’omonima Torre e il Monastero dos Jeronimos entrambi cinquecenteschi e patrimonio dell’UNESCO. È infatti il contesto progettuale e soprattutto il fiume Tago il grande protagonista ispiratore del museo disegnato dall’archistar Amanda Levete e dal suo studio AL_A , impegnato da anni anche nella progettazione degli spazi pubblici. Lo scopo è stato quello di riconnettere il tessuto storico di Lisbona con il suo fiume, dal quale attualmente è escluso a causa della ferrovia e della strada ad alto scorrimento, sfruttando la morfologia del sito e creando 7000 mq di spazio pubblico, in un continuo dialogo tra patrimonio culturale e futuro della città contemporanea.
“There’s only one thing in life that you can’t design, and that’s heritage”
La copertura è l’immagine emblematica del MAAT. Calpestabile e curvilinea, si fonde nel paesaggio come una gigantesca onda composta da ben 15.000 piastrelle di candida ceramica smussate sugli angoli per creare infiniti riflessi e sfumature con acqua, luci e ombre. Un omaggio alle tradizionali azulejos portoghesi rivisitate in chiave moderna e tecnologica per adattarsi alle complesse curve dell’edificio. Il tetto diventa così uno spazio pubblico esterno, permeabile e vivibile in ogni direzione grazie anche al ponte pedonale che connette fisicamente e metaforicamente il cuore della città con il suo waterfront.
“La struttura trae ispirazione dal contesto del sito, creando un legame allo stesso tempo concreto e concettuale tra il Tago e il cuore di Lisbona.” (A.Levete)
Gli scalini posizionati sulla sponda che conduce al museo vengono spesso sommersi, creando una soglia permeabile che muta al mutare della marea. Il tema dell’acqua diventa quindi un’ulteriore metafora di riconnessione tra la città storica e il fiume. Il waterfront, estremamente essenziale per il progetto, ha indotto la scelta di un design che possa letteralmente riflettere l’acqua sui pavimenti interni delle gallerie e creare inoltre una copertura progettata per riflettere la luce fuori dall’acqua e rimandarla sul prospetto, imprimendovi un “pattern proiettato” e sempre mutevole grazie ai continui spostamenti delle onde. Inoltre sostando sui gradini superiori, vicino al lucernario d’ingresso, potrete sentire il liquido eco delle onde che si infrangono sopra di voi.
All’interno del museo si viene accolti nella sala ovale che, come un grembo confortevole, attualmente ospita il progetto “Shadow Soundings” dell’artista Bill Fontana (un’installazione audio-video che capta in tempo reale suoni e immagini dal ponte 25 aprile, a pochi metri dal museo). Proseguendo si snodano le quattro gallerie del MAAT affondate sotto il livello del suolo per mantenere contenuta l’altezza dell’edificio coerentemente alle altimetrie degli edifici circostanti. Queste si snodano in un percorso a tratti spigoloso a tratti curvilineo tra sale buie ed intime e gallerie bianchissime in un continuo contrasto visivo e luminoso che permette una sempre viva percezione dell’ambiente esaltandone le opere contenute al suo interno.
Foto di Melania Bisegna