Cy Twombly è senza dubbio uno degli artisti più conosciuti ed apprezzati del Ventesimo secolo e uno dei maggiori esponenti dell’arte Astratta.
Ciò che forse è meno noto però, è che nel 1957 l’artista si stabilì in Italia, trovando tra Roma, Gaeta e Napoli, un passato che tanto aveva cercato e che colmasse la sua ricerca di radici. La storia è una tematica che l’artista affronta spesso e che non solo influenza le sue opere, ma anche la sua vita. In Italia, Twombly si circonda delle grandezze del passato, pur restando uno tra gli artisti più innovativi del suo tempo. Due tra i “luoghi del cuore” di Twombly raccontano di questo suo amore per la storia: il suo appartamento a Roma e la villa di Gaeta di Nicola Del Roscio (suo assistente per più di 50 anni).
L’appartamento Romano di Twombly era parte di un palazzo costruito nel 17esimo secolo. Le vaste stanze, i soffitti altissimi e le pareti bianche rendono l’aspetto della casa quasi spoglio, minimal, cosi come fanno le sue tele, spesso lasciate nude, bianche. Su queste tele candide però, Twombly dispone elementi storici, macchie di colori pastello e i suoi famosi scarabocchi. Allo stesso modo, la sua casa riprende qua e là ognuno di questi elementi. Fin dal suo primo viaggio in Italia, in compagnia dell’artista Robert Rauschenberg nel 1952, Twombly comincia a vagare per negozi di antichità e mercatini, scovando tesori per lui inestimabili, che raccontano del suo amore per la storia: i mobili richiamano una Francia del 18esimo secolo, con divani e candelabri dorati, i busti e le colonne di marmo invece, ricordano la grandezza dell’impero Romano, tematica presente anche nei suoi dipinti. Ed è proprio nei dipinti realizzati in quegli anni, che cominciano ad apparire nomi di personaggi storici e mitologici, come Venere o la regina Leda.
Twombly riserva particolare attenzione anche ai colori. Raramente infatti usa colori forti, prediligendo invece quelli pastello, che ritroviamo anche nell’arredo del suo appartamento. La casa rispetta un sistema di colori neutro, con i suoi marmi bianchi o rosei e le sue porte blu pallido, gli stessi colori che Twombly sceglie per i suoi dipinti. La casa sembra riportarci indietro nel tempo, e sono proprio i quadri dell’artista a riportarci all’epoca attuale. Servendo da contrasto con il passato, i suoi quadri riescono comunque ad inserirsi perfettamente all’interno dell’appartamento. Ad un primo approccio, le sue opere sembrano appartenenti alle correnti contemporanee più in voga, quali l’Action Painting e l’Astrattismo. C’è un fondo di verità in questo, infatti come si può vedere in tutti i suoi quadri, Twombly delega al gesto un ruolo sovrano e le tele sono senza dubbio astratte. Però c’è quel qualcosa in più che l’artista trova proprio in Italia, ed è il passato, che riesce ad integrare sapientemente al presente unendo agli scarabocchi e alle macchie di colore, parole al posto dei disegni. Queste parole non sono altro che nomi di personaggi storici o mitologici oppure alle volte titoli di capolavori della storia dell’arte. L’opera regala così allo spettatore (o dovremmo dire lettore?) più attento un nuovo significato, un significato che non rimandi solo all’Action Painting e ai movimenti contemporanei, ma che scavi nella storia, più precisamente nella storia dell’arte. È quello che succede in Scuola di Atene, realizzato nel 1964 a Roma, in cui Twombly traccia a matita il titolo del quadro di Raffaello, che si trova nella Stanza della Segnatura a San Pietro. Ed ecco che, guardando questo dipinto, ci ritornano in mente i colori della casa di Twombly: il rosa del marmo e il rossiccio della terracotta, il blu opaco delle porte e il giallo ocra dei mobili. Ed infine c’è il bianco della tela, lo stesso di quello dei muri dell’appartamento romano che sta lì a rappresentare un’infinità di cose: dal candore e l’innocenza che Twombly vede nel passato, al minimalismo del presente.
È il suo assistente, compagno, amico, Nicola del Roscio a portare Cy Twombly per la prima volta a Gaeta. Lì l’artista trova tutto ciò che cerca: la quiete, il mare e soprattutto la storia. Come si legge in un articolo scritto per Vogue, Twombly era “pieno di storia”. Il suo studio di Gaeta era pieno di libri di mitologia, filosofia greca e storia dell’arte, e a Twombly piaceva raccontare di come quel luogo fosse denso di storia: “Lì c’era la villa di Adriano, invece lì fu sepolto Cicerone (…)”. Fu proprio a Gaeta che Twombly realizzò la maggior parte delle sue opere degli ultimi anni, tra cui le Quattro Stagioni e Bacchus.
Il suo studio, a pochi passi dalla villa di Del Roscio, aveva alti soffitti e grandi finestre sul mar Tirreno. Il mare è qualcosa che ha sempre attirato Twombly profondamente. D’altra parte, cosa più del mare è simbolo di storia, miti e leggende? Come ricorda Del Roscio, quando l’artista riceveva ospiti, venivano accolti proprio in quella villa, e una volta arrivati, era lui a sventolare una bandiera dalla finestra per avvertire l’artista del loro arrivo.
Come il resto della cittadina, la villa di Del Roscio era a sua volta ricca di storia. Originariamente costruita nel 18esimo secolo, su ciò che rimaneva di una torre, datata all’11esimo secolo, fu acquistata nel 1979. Anche questa volta, la villa ricorda Twombly e a guardarla non sorprende che l’artista abbia potuto metterci il suo zampino. Anche qui infatti sono il bianco e altri colori pastello (quali il blu delle cornici delle porte) a dominare la scena. Rispetto al solenne appartamento di Roma, questa villa ha un aspetto più semplice, un’aria tipica da casa di mare, con tovaglie a righe bianche e blu, le lenzuola di lino bianco e le decorazioni sui pavimenti dei bagni, di mattonelle napoletane. Anche i mobili sono accuratamente selezionati. A fare da contrasto alla semplicità della casa, c’è la ricchezza della sala da pranzo in cui tutte le pareti sono interamente decorate da affreschi attribuiti a Sebastiano Conca, risalenti al 18esimo secolo. Sarà proprio questa stanza, o forse le innumerevoli finestre affacciate sui verdi giardini della villa o sulla calma del Mar Tirreno, ad ispirare Twombly nelle opere realizzate in questo, in cui l’artista sembra aver trovato una nuova joie de vivre: i colori si fanno più forti e i suoi fini tratti a matita sono sostituiti da sfacciate pennellate. Eppure i numerosi riferimenti alla storia rimangono, perché anche a Gaeta Twombly trova terreno fertile per la sua ricerca senza fine.
L’Italia seppe regalare a Twombly delle radici che tanto aveva cercato, ma fu Twombly, con il suo fare da bambino, a riuscire a coglierle e renderle con una spontaneità unica nelle sue meravigliose tele.