Se da un lato questa quarantena può essere dura, dall’altro è un’occasione irripetibile per riconnettersi con sé stessi, leggere quel libro che non abbiamo mai tempo di aprire, guardare quei film cult che ci ripromettiamo sempre di guardare ma che poi lasciamo perdere per star dietro a tutte le nuove uscite, ascoltare quei podcast di cui abbiamo letto (e di cui vi abbiamo parlato), studiare degli argomenti che ci hanno sempre affascinato ma che, dopo la fine della scuola, non siamo più riusciti ad approfondire.
Nel tempo abbiamo collezionato degli articoli di approfondimento di argomenti CULT in ogni ambito di nostro interesse: dall’arte all’architettura, dalla moda alla fotografia, per rispolverare storie e periodi più o meno conosciuti, ma tutti ugualmente degni di nota.
Oggi vi proponiamo una selezione randomica di articoli dalla nostra rubrica CULT da recuperare – se ve li siete persi – per approfondire personalità e movimenti segnanti dell’ultimo secolo.
Tutti gli articoli della rubrica li trovate qui.
Foto in copertina di Melissa Schriek.
La Secessione Viennese: stilemi dell’arte totale
Oro, opulenza, sensualità, motivi floreali e geometrie essenziali invadono la Vienna di fine ‘800. Nell’atmosfera si respira un’aria di rinnovamento pronta a modificare tutte le arti, dalla grafica all’architettura. Alla base di questa trasformazione, un trio formato da due architetti e un pittore che nel 1903 fondano la Secessione Viennese sotto il benestare del professore Otto Wagner rendendo unica una produzione viva e presente fino ai giorni nostri.
Anarchy in fashion – Vivienne Westwood
26 novembre 1976: esce Anarchy in the U.K. dei Sex Pistols e il punk britannico diventa protagonista della scena mondiale.
Quattro ragazzi londinesi e la loro rabbia, la loro ribellione verso la società inglese di quegli anni, il loro modo di comportarsi, di suonare e di vestire, il rifiuto e la sfida verso ogni tipo di regola, diventano un punto di riferimento per i ragazzi di tutto il mondo.
E se oggi, quarant’anni dopo, pensando al punk, la nostra mente richiama subito calze strappate, pizzi, borchie, creste e magliette con slogan, lo dobbiamo alla donna che sapientemente ha creato l’immagine di quel fenomeno musicale e culturale che ha sconvolto intere generazioni: Vivienne Westwood.
Young British artists / Minima (im)moralia
Seppur figli di esperienze umane profondamente divergenti, segnate da una propria, individualissima, visione del reale, Damien Hirst, Tracey Emin, Sarah Lucas, i fratelli Chapman, Chris Ofili, Marc Quinn, Gavin Turk, Gary Hume – per citarne solo alcuni – costituiscono l’esempio di gruppo artistico più riuscito nella scena culturale inglese: una curiosa eccezione, forse, all’interno dell’individualistico parterre dell’arte alla fine del XX secolo.
Jean-Michel Basquiat / Il bambino dell’arte
Era la fine degli anni ’70, era New York, tutti avevano qualcosa da dire e tutti volevano essere famosi.
Erano gli anni del Mudd Club e del Club 57, gli anni in cui, come scrive Davide Byrne, “a New York succedevano le cose”. Erano gli anni che avrebbero cambiato per sempre la nostra società e in particolare il mondo dell’arte. Era il mondo di cui Jean-Michel Basquiat voleva far parte a tutti i costi. Voleva essere famoso, voleva che il mondo “bianco” dell’arte si accorgesse di lui e del suo talento.
Il surrealismo: l’onnipotenza del sogno diventa arte
Parigi anni ’20, les années folles. La sua atmosfera cosmopolita, che vede l’esplosione del jazz e un rifiorire culturale effervescente, richiama artisti da tutto il mondo. Al teatro degli Champs–Elysées canta Joséphine Baker scatenata nel più pazzo charleston che manda letteralmente in delirio i francesi e le banane del suo gonnellino. Applaudita da Francis Scott Fitzgerald, Pablo Picasso e Coco Chanel la sua voce ci catapulta in una città in continuo fermento e rinascita dopo gli anni bui della Grande Guerra ed è in questa euforia che nasce il Surrealismo.
Dalla street art al marchio registrato – il caso OBEY
OBEY nel tempo si è affermato costruendo intorno alla sua arte un brand di successo tra adolescenti e giovani skaters, diventando una marca per abbigliamento e accessori di ogni tipo. Autoreferenzialità e business caratterizzano il lavoro di quest’artista che ha fatto della cultura di strada una chiave per accedere a musei e gallerie.
James Turrell – Art as revelation
Pochi artisti come James Turrell hanno saputo dedicare la propria opera a una devota e concentrata ricerca sulla percezione e sugli strumenti attraverso i quali l’uomo comprende lo spazio, le dimensioni, il colore e l’infinito. Pochi altri hanno saputo occuparsi della luce intesa come fatto materico, come “cosa” effettiva, sostanza isolata e quasi tattile, attivamente interagente con i nostri sensi dai quali discende una percezione dell’opera diversa per ciascuno.
Une petite maison – Le Corbusier
Questa è la petite maison, progettata nel 1923-24 da Le Corbusier insieme a suo cugino Pierre Jeanneret per i suoi genitori.
In questo caso si può parlare di un’architettura “a priori”. Infatti è il progetto a precedere il luogo, non è questo ad influenzare il primo. L’abitazione è la chiara sintesi di alcuni dei punti che diventeranno essenziali nell’architettura di Le Corbusier.
Edward Hopper: L’artista oltre le opere
Edward Hopper è un artista inclassificabile. Per quanto interprete e maggior esponente del Realismo americano, i suoi dipinti sono atemporali rappresentazioni dell’animo umano e delle domande che pendono quotidianamente sulla nostra esistenza.
Attraverso la lente: René Burri e l’architettura di Luis Barragán
Tra gli anni ’60 e ’70, Burri visita diverse volte, in Messico, Luis Barragán. Da questi incontri nasce un’indagine visuale, guidata da una fascinazione per l’approccio architettonico unico di Barragán. Essa testimonia la sovrapposizione di due visioni, quella fotografica e quella architettonica, entrambe alla ricerca di un senso di contemplazione.
Le verità ovvie di Jenny Holzer
Il peso di una sola parola può gravare nella nostra mente per minuti, ore, anni. Il peso di un pensiero messo per iscritto su un foglio, dichiarato su un muro, stampato su un poster pubblicitario, dura più di quanto ci aspettiamo. Jenny Holzer fa della parola il suo mezzo di espressione artistica prima che di comunicazione. Dagli anni ’70 ha sublimato lo status di arte concettuale a nudo e asciutto concetto anche nella sua rappresentazione estetica.
Il Brutalismo “felice” di Lina Bo Bardi e Clorindo Testa
Il fenomeno neobrutalista s’inserisce nelle numerose correnti di pensiero nate nel dopoguerra in Europa, annoverando tra i suoi principali esponenti gli inglesi dell’Indipendent Group. Il quadro storico di riferimento è quello di uno scenario post-apocalittico in cui le rovine, frammenti di edifici devastati dai bombardamenti, dipingono una realtà urbana cruda e incerta. Sono questi gli elementi a cui i neobrutalisti attingono per dar vita a un nuovo realismo costituito da una ricerca della sincerità strutturale e legato alla povertà dei materiali, uno su tutti, il beton brut.